Discarica a Chiaiano: dopo due frane lo staff di Bertolaso continua a sfidare il dissesto idrogeologico

22 gennaio 2009 - Prof. Franco Ortolani (Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II)

Tra giugno e luglio 2008 gli esperti dei Comuni di Marano e Mugnano e dei Comitati dei cittadini avevano evidenziato il dissesto idrogeologico della Cava del Poligono di Chiaiano individuando tra i problemi il rischio di allagamento della cava, il crollo di grandi volumi di tufo fratturato e colate di fango dalle pareti della cava. Le stesse problematiche idrogeologiche erano già state riscontrate dall'Autorità di Bacino Campania Nordoccidentale che nella conferenza dei servizi del 9 agosto 2008 non aveva rilasciato alcun parere circa il progetto di discarica in quanto carente.

I lavori di approntamento della discarica sono iniziati senza una adeguata messa in sicurezza dei versanti dal momento che il progetto elaborato è sbagliato in relazione al pericolo di frana. Non è stata realizzata nemmeno la messa in sicurezza idraulica della Cupa del Cane, intervento dichiarato propedeutico dallo stesso progetto commissariale. Appena realizzata l'impermeabilizzazione artificiale del piazzale della cava del poligono, in seguito alle piogge, si è verificato l'allagamento dell'area da adibire a discarica come ripreso dalle web cams.

Nella prima metà di dicembre 2008 e il 20 gennaio 2009 si sono verificate due colate di fango proprio come e dove previsto dagli esperti dei comuni e dei comitati, nell'area interessata dai lavori. Per miracolo nessuno si è fatto male!

La web cam ha messo in evidenza che in coincidenza delle piogge il piazzale di cava si allaga e che dopo alcuni giorni il livello dell'acqua si abbassa. L'ultimo allagamento è avvenuto con le piogge del giorno 21 gennaio 2009.

Questi eventi resi noti anche dai mass media sono stati minimizzati dall'ambiente commissariale e da qualche giornalista che fin dalla primavera 2008 si è vistosamente e acriticamente messo a disposizione dell'ambiente commissariale. Dall'ambiente commissariale si fa sapere che in fin dei conti è caduto un poco di terriccio e che rapidamente si porrà rimedio. Parole che denotano una incomprensione professionale della gravità dei dissesti e una "messa disposizione" che mette a "rischio penale" la persona stessa che irresponsabilmente continua a mettere in pericolo l'incolumità dei lavoratori.

Lo scrivente ha già fatto presente che il così detto terriccio che cade da varie decine di metri pesa circa 2000 chilogrammi per metro cubo e che il peso del materiale franato nei due eventi equivaleva a quello di alcune decine di TIR scarichi; l'impatto su persone o mezzi poteva essere devastante. Questo tipo di dissesti può interessare alcune centinaia di metri di pareti di cava incombenti sull'area di lavoro. Gli interventi errati eseguiti lungo i versanti hanno innescato nuove situazioni di instabilità per cui è prevedibile che si verificheranno altre colate di fango. Si aggiunga che le pareti di tufo fratturato possono essere interessate da crolli disastrosi di blocchi di tufo, come avvenuto nel 1999 ad alcune centinaia di metri di distanza in una cava simile. Le reti chiodate fino a tre metri di profondità nel tufo, spacciate come messa in sicurezza delle pareti, non garantiscono la sicurezza dal momento che lo spessore del tufo che può franare arriva a circa 20 metri.

In seguito all'ultima frana un prestigioso quotidiano ha pubblicato un articolo nel quale si ritorna stancamente su un argomento ridicolo: la cava si allaga perché il substrato è impermeabile. Oltre alla banale affermazione che l'impermeabilità è assicurata dalle lave intercalate nei tufi, lave che le stesse prove di assorbimento eseguite nell'ambito delle indagini del PRG di Napoli hanno evidenziato che, come in tutto il mondo, sono permeabili in quanto fratturate in grande e scoriacee in grande; altra evidenza della complessiva permeabilità del substrato è fornita inequivocabilmente dal sondaggio profondo eseguito nella cava che non ha rinvenuto acqua sotterranea al di sopra delle lave (se queste ultime fossero state impermeabili l'acqua si sarebbe accumulata al di sopra formando una falda).

Il giornalista autore del poco entusiasmante articolo su Repubblica non sa che gran parte del piazzale di cava è stato reso impermeabile dai lavori finora eseguiti che hanno ridotto la superficie del suolo assorbente; ridotto ma non eliminato come si deduce dal fatto che l'acqua dopo il suo accumulo di lato alla vasca in approntamento tende a diminuire. Ciò indica che il suolo continua ad assorbire l'acqua schiumosa e inquinata chimicamente dai lavori in corso che ristagna in gran parte del piazzale della Cava del Poligono.

Si rilancia l'ennesimo appello affinchè si garantisca, almeno, l'incolumità dei lavoratori realizzando interventi degni di assicurare la sicurezza ambientale. Si evidenzia che la discarica non può essere responsabilmente attivata perché mal progettata e priva di interventi di reale messa in sicurezza ambientale e idrogeologica.

I rilievi recenti hanno evidenziato che il Comune di Marano può essere interessato da dissesti idrogeologici che si possono innescare nella zona oggetto di lavori che è priva di sistemi e interventi per la messa in sicurezza nella fase di cantierizzazione.

Alla luce dei dati acquisiti si sottolinea che deve assolutamente essere effettuata una adeguata sistemazione idraulica dell'alveo strada per eliminare ogni pericolo. La strada, poi, corre su pareti instabili per alcune centinaia di metri. I responsabili della struttura commissariale e qualche giornalista "a disposizione", anche dopo quest'ultimo dissesto, continuano irresponsabilmente ad affermare che tutto è sotto controllo. Ancora una volta non riconoscono che è stata sbagliata la scelta del sito e la messa in sicurezza delle pareti della cava e testardamente fanno affidamento su altri improbabili miracoli e non sulla scienza e sulla tecnica.

Franco Ortolani

 

 

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