Maxidiscarica a due passi dalla Procura
25 novembre 2008 - T. B
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
I cumuli di rifiuti hanno raggiunto ormai l'altezza di quattro metri. Colline di materiale edile, amianto, rifiuti ospedalieri, pneumatici e ingombranti si ergono proprio di fronte all'edificio che ospita la Procura della Repubblica, in un'area prima occupata da famiglie rom e poi, dopo mille polemiche, sgomberata.
L'allarme arriva dalla quarta municipalità, che nelle scorse settimane ha scritto all'Asl e al Comune per sollecitare una bonifica: finora, però, non c'è stato esito.
La discarica, vastissima quanto evidente, sorge a ridosso del palazzetto dello sport abbandonato e in rovina di Gianturco. Dopo l'allontanamento dei rom, avvenuto nel 2004, era stata recintata: due varchi però sono stati subito aperti. Uno, dal lato di Gianturco, consente il passaggio delle persone. Sono state staccate alcune lamiere e alcuni zingari si sono nuovamente intrufolati all'interno. L'altro varco, quello attraverso il quale entrano i camion carichi di rifiuti, è vicino alla rampa di accesso alla statale 162. Veicoli pieni di oggetti di ogni genere, denunciano gli abitanti di Gianturco, entrano indisturbati, riversano il loro contenuto dove capita e vanno via, spesso a fare altri carichi. Le colline di rifiuti crescono sempre più, la preoccupazione della gente pure: come si fa a sapere che cosa è stato gettato lì dentro? E se sotto i cumuli di inerti e ingombranti ci fossero rifiuti tossici? E tutte quelle lastre di amianto esposte alle intemperie possono essere pericolose?
La discarica è attigua ad un altro suolo abbandonato del quale, spiegano gli abitanti della zona, fino a poco tempo fa si servivano le Ferrovie per depositare temporaneamente del terreno. Potenzialmente l'area sarebbe una risorsa notevole, invece viene lasciata in uno stato di incuria e abbandono. Della questione si parlò molto quattro anni fa, quando decine di famiglie di zingari, quasi tutte provenienti dalla Romania, furono allontanate per decisione della giunta comunale. Lo sgombero subì vari rinvii ma venne poi eseguito e la maggior parte dei rom, dopo inutili proteste e vari tentativi di trovare sistemazioni alternative, venne espulsa in base alla legge Bossi — Fini sull'immigrazione. Adesso alcune famiglie, alla chetichella, sono tornate sul posto e vi hanno realizzato delle baracche. Vivono in mezzo alle colline di rifiuti, in condizioni disastrose. «Proprio grazie a loro — commentano alcuni abitanti del quartiere — ci siamo resi conto di quello che era stato fatto qui dentro. In questi anni è stato scaricato di tutto: vorremmo che qualcuno facesse delle verifiche e, soprattutto, che si provvedesse a bonificare l'area».
La discarica, vastissima quanto evidente, sorge a ridosso del palazzetto dello sport abbandonato e in rovina di Gianturco. Dopo l'allontanamento dei rom, avvenuto nel 2004, era stata recintata: due varchi però sono stati subito aperti. Uno, dal lato di Gianturco, consente il passaggio delle persone. Sono state staccate alcune lamiere e alcuni zingari si sono nuovamente intrufolati all'interno. L'altro varco, quello attraverso il quale entrano i camion carichi di rifiuti, è vicino alla rampa di accesso alla statale 162. Veicoli pieni di oggetti di ogni genere, denunciano gli abitanti di Gianturco, entrano indisturbati, riversano il loro contenuto dove capita e vanno via, spesso a fare altri carichi. Le colline di rifiuti crescono sempre più, la preoccupazione della gente pure: come si fa a sapere che cosa è stato gettato lì dentro? E se sotto i cumuli di inerti e ingombranti ci fossero rifiuti tossici? E tutte quelle lastre di amianto esposte alle intemperie possono essere pericolose?
La discarica è attigua ad un altro suolo abbandonato del quale, spiegano gli abitanti della zona, fino a poco tempo fa si servivano le Ferrovie per depositare temporaneamente del terreno. Potenzialmente l'area sarebbe una risorsa notevole, invece viene lasciata in uno stato di incuria e abbandono. Della questione si parlò molto quattro anni fa, quando decine di famiglie di zingari, quasi tutte provenienti dalla Romania, furono allontanate per decisione della giunta comunale. Lo sgombero subì vari rinvii ma venne poi eseguito e la maggior parte dei rom, dopo inutili proteste e vari tentativi di trovare sistemazioni alternative, venne espulsa in base alla legge Bossi — Fini sull'immigrazione. Adesso alcune famiglie, alla chetichella, sono tornate sul posto e vi hanno realizzato delle baracche. Vivono in mezzo alle colline di rifiuti, in condizioni disastrose. «Proprio grazie a loro — commentano alcuni abitanti del quartiere — ci siamo resi conto di quello che era stato fatto qui dentro. In questi anni è stato scaricato di tutto: vorremmo che qualcuno facesse delle verifiche e, soprattutto, che si provvedesse a bonificare l'area».