Gli eterni precari che nessuno vuole per loro carrozzoni in cambio di voti
Esattamente 10 anni fa gli Lsu, acronimo che sta per «lavoratori socialmente utili», in Campania erano 35mila. La metà napoletani. Dei 17mila Lsu partenopei il Comune ne ha sistemati più della metà, ne sono rimasti in attesa di collocazione circa 8500. Di questi 200 fra diplomati e laureati. Il decreto legge del 1 dicembre 1997 numero 468 definì «Lavori socialmente utili» le attività «che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva». Nel Mezzogiorno e a Napoli gli Lsu sono proliferati per la crisi delle aziende e della industria, piccola e media. Si tratta - ritornando agli 8500 - per la maggior parte di persone fuori dal ciclo produttivo, ormai invecchiate e arrabbiate. Non hanno trovato una stabilizzazione nonostante portino in dote, per chi li volesse assumere, tre anni di retribuzione a costo zero. La Regione Campania sta varando un bando con il quale mette a disposizione 20mila euro aggiuntivi per ciascuno, da spalmare in sgravi fiscali e contributi per chi li assumesse. La condizione di un Lsu attualmente è questa: guadagna tra i 600 e i 700 euro al mese, soldi che arrivano dallo Stato. Una sorta di stipendio che non consente certo di vivere dignitosamente. Gli 8500 in carico al Comune vengono impiegati in tutte le attività «socialmente utili», a partire dalla manutenzione dei giardini e a tutti gli impianti di proprietà di Palazzo San Giacomo. La politica in qualche caso li ha utilizzati in maniera strumentale, ingrossando le fila delle aziende pubbliche e creando quelli che poi sono passati alla storia come i carrozzoni. Imprese che sono stipendifici, in cambio di voti.