Spazzatura e partite a carte viaggio nello scandalo Recam
Somma Vesuviana. «Non siamo dei fannulloni», dicono i lavoratori del cantiere Recam di via Marigliano e mischiano le carte da gioco. Il giorno dopo l’incendio della sede, nel grattacielo di via Nuova Poggioreale, è un giorno come gli altri. Sono le 15 e una trentina di ex Lsu si affollano intorno ai tavoli di legno che fronteggiano i container. Il cantiere della azienda di proprietà regionale è sistemato sul ciglio dell’alveo che i dipendenti dovrebbero pulire. Dovrebbero. Il letto del «lagno» è infatti ancora invaso da erbacce, piatti di carta, bottiglie, lattine vuote. C’è perfino una moto di plastica di quelle usate dai bambini. «La gente lancia continuamente sacchetti dal ponte», si giustifica uno dei lavoratori. Un altro resta appoggiato al bastone a tre piedi, è difficile immaginare che possa scendere la scala che porta all’alveo. Gli altri, sospeso lo scopone, spiegano le loro ragioni. «Siamo stufi di essere chiamati fannulloni - tuona uno dei delegati Cgil, Antonio Borriello - noi siamo pronti a lavorare, ma per il momento restiamo in attesa di un piano industriale che non arriva. Dei risultati comunque ci sono». E Andrea Quadretti, esponente di un sindacato autonomo che si chiama Wap, sostiene: «Noi facciamo quello che possiamo. Accumuliamo i rifiuti in dei mucchi, ma non tocca a noi portarli via». E infatti sul bordo dell’alveo c’è un cumulo di foglie, sacchetti neri, spazzatura di ogni tipo e natura. E le carte da gioco? «Stiamo per andare via», spiegano in coro i lavoratori. Sono le 15, dovrebbero uscire alle 16,07. Dell’incendio che nella notte di domenica ha distrutto la sede di via Nuova Poggioreale si parla poco: «Chi indaga deve dirci quello che è successo», sostengono tutti. Sul ciglio dell’alveo Spirito Santo c’è un altro dei cantieri Recam. Alle 14 i lavoratori stanno mangiando sui lunghi tavoli di legno sistemati tra i container. Ma sono pronti a offrire spiegazioni sul loro lavoro. «Noi accumuliamo la spazzatura che troviamo nella cava e togliamo le erbacce - dice Carmine Lo Russo dei Cobas - ma non possiamo spostare i rifiuti tossici. E qui di notte depositano moltissimo amianto. Gli amministratori che si sono succeduti, l’attuale consigliere regionale Enzo Rivellini poi sostituito da Michele Raccuglia non si sono mai preoccupati nemmeno di fornirci strumenti di lavoro adeguati. Non abbiamo tute, ci sono una pala e un rastrello per ogni tre o quattro lavoratori, spostiamo le carriole da un cantiere all’altro, i decespugliatori non sono adatti per questo tipo di fondo stradale». E dove sono gli attrezzi? Chiusi in un deposito. Il capocantiere ha le chiavi, ma si rifiuta di aprire il gabbiotto. Tra i lavoratori la preoccupazione è palpabile, tutti sono in ansia per quello che accadrà dopo la nomina del nuovo consiglio di amministrazione e impauriti dall’incendio di domenica notte. «Temiamo che qualcuno possa cercare di sfoltire il personale utilizzando gli ammortizzatori sociali - spiega il sindacalista - per anni e anni la Recam è stata utilizzata dai politici che l’hanno governata come serbatoio di voti e manovalanza per le campagne elettorali. E continuano a succedere cose strane: prima dell’incendio c’è stato il furto dell’hardware dei computer. Secondo me qualcuno vuole far sparire le tracce delle passate malefatte». Intanto i lavoratori aspettano. Altri fannulloni? «Macché - si ribellano - come si può lavorare se gli stipendi arrivano in ritardo e da dieci giorni aspettiamo inutilmente i ticket mensa?». In via Cupa di Nola solo un uomo anziano è seduto accanto al tavolo esterno, gli altri dipendenti sono nei continer dove sono state sistemati anche frigoriferi e cucine. Alle 15,30 si prende il caffé. Anche qui gli ex Lsu sono incaricati di pulire un alveo che resta pieno di erbacce e rifiuti di ogni genere. Anche qui c’è preoccupazione per l’incendio e per i cambiamenti al vertice dell’azienda. Ma i lavoratori parlano poco. Anche qui c’è un delegato sindacale. Dov’è? A giocare al superenalotto.