Interrogato il consigliere An in cella per devastazione «Ecco perché non ho preso le distanze dai violenti»

«Rifarei tutto, ho salvato Pianura»

Nonno al gip: ho cavalcato la protesta per acquistare visibilità politica, Nugnes mi ha scaricato
10 ottobre 2008 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Deluso dall’atteggiamento dell’assessore Giorgio Nugnes e orgoglioso per aver difeso Pianura dall’avvento della discarica. Dura quattro ore l’interrogatorio di Marco Nonno, il consigliere di An in cella da lunedì scorso per devastazione, indicato come perno della regìa politico-affaristico-criminale degli scontri di Pianura. Nella sala interrogatori del carcere di Poggioreale, parla il grande accusato. Risponde alle domande del gip Luigi Giordano - che ha firmato 37 arresti tra capi ultrà, politici e imprenditori in odore di camorra - e del pm antimafia Antonello Ardituro. Nonno parte da una premessa: la rivendicazione politica della sua azione durante gli scontri di gennaio, l’orgoglio di aver salvato Pianura, organizzando una resistenza che ha rilanciato il quartiere all’attenzione del mondo intero. Trentotto anni, un passato di militanza nel Msi, in cella con il sospetto di aver infiammato Pianura in ossequio alle logiche dell’abusivismo edilizio, un business destinato a crollare con la riapertura della discarica. Difeso dai penalisti Sergio Rastrelli e Giovanni Belleré, l’esponente di Palazzo San Giacomo un’ammissione più o meno esplicita l’ha comunque consegnata agli atti: «Perché non mi sono allontanato quando la protesta è degenerata negli scontri? L’ho fatto per visibilità politica». Quattro ore, dunque, per rileggere intercettazioni e accuse. Stando al pm, dietro la rivolta di quartiere - sfociata in decine di raid incendiari contro sedi di partito, auto delle forze dell’ordine, bus e nella serrata di commercianti - c’era un patto trasversale: Nonno e l’assessore comunale Giorgio Nugnes (ai domiciliari), ma anche teppisti da stadio (delle Teste Matte e del Niss), imprenditori in odore di camorra. «Deluso dall’atteggiamento di Nugnes - aggiunge il consigliere di An -. Ha cambiato strategia quando ha capito di essere intercettato, mi ha dato del terrorista, mi ha scaricato», spiega rileggendo gli atti. Poi: «Ero diventato un punto di riferimento, tanto che fui chiamato in quel periodo dal sindaco Iervolino e fui ricevuto dal Prefetto. Non controllavo gli esiti violenti della nostra protesta». Difesa anche sui presunti «biechi affari edilizi», per dirla col gip: «Sono nullatenente, vivo in fitto in una casa di 70 metri quadri con lo stipendio di consigliere comunale. Conosco Leopoldo Carandente (imprenditore irreperibile) e Dario Di Vicino (capo ultrà in cella) come persone del mio quartiere: non so di legami con la camorra per il primo, né di rapporti con il tifo violento per il secondo». Poi lo scontro con il consigliere regionale di An Pietro Diodato, all’epoca disponibile alla riapertura di contrada Pisani: con lui c’è stato sempre astio politico, anche l’espressione «dobbiamo distruggerlo» è riconducibile a una strategia politica. Dribbla le accuse anche quando gli rileggono le telefonate, in cui Nonno e Nugnes sono impegnati a spostare rivoltosi contro le forze dell’ordine: «Dovevo difendere quel presidio, non ho alimentato violenza». Già, ma dopo la guerriglia di gennaio, perché si è opposto all’abbattimento delle costruzioni abusive in primavera?: «L’ho fatto per difendere gli sfollati di Melito, sono sempre stato contro l’abusivismo edilizio». Lunedì tocca all’assessore Nugnes, difeso dal penalista Nello Palumbo, difendersi dinanzi al gip.

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