Depuratore, il pm chiede il processo per 6
Chiesto il rinvio a giudizio per i sei indagati nell'inchiesta sul depuratore di Salerno per gravi reati ambientali. Il sostituto procuratore Angelo Frattini, titolare dell'indagine, ha chiesto il processo per Gaetano Corbo, dirigente di gestione dell'impianto di depurazione, Antonio Manzi, responsabile della gestione dei rifiuti, Fulvia Cuozzo, capo del laboratorio di analisi, Achille Mughini, presidente della società «Servizi Idrici Integrati Salernitani» (SIIS), Giuseppe Giannella, direttore generale dell'impianto e Gaetano Gambardella, addetto al laboratorio di analisi. Sarà fissata a breve l'udienza preliminare.
L'accusa per tutti è di aver effettuato o consentito, ciascuno in base alle proprie funzioni, senza la prescritta autorizzazione lo scarico prima nel fiume Picentino e poi a mare dei reflui industriali, anche di quelli trasportati mediante autobotti. Gli inquirenti hanno accertato che ogni giorno venivano sversati reflui sia industriali che fognari per circa 150mila metri cubi non sottoposti ad alcun trattamento di depurazione. Le capillari indagini svolte dai carabinieri del Noe, il Nucleo Operativo Ecologico, diretti dal maresciallo Giuseppe Recchimuzzi, hanno dimostrato che il depuratore non riusciva neppure a effettuare il normale ciclo di depurazione per gli scarichi fognari, provenienti dai Comuni collegati. Tanto più non era in grado di operare la depurazione anche dei reflui industriali trasportati, mediante autobotti da tutta la Campania. A ciò si aggiunga che nel corso delle numerose verifiche è emerso che spesso veniva aperto un by-pass per far scaricare i reflui direttamente prima nel fiume e poi in mare, senza neppure farli transitare nel depuratore. Una grave situazione, che si è protratta per oltre un anno, dal marzo 2005 fino a luglio 2006, quando alla fine è stato disposto il sequestro dell'impianto, dopo che il mare era ridotto a una fogna con larghe chiazze di schiuma, maleodorante, che ogni giorno erano sotto gli occhi di operatori turistici e bagnanti. Scattato l'allarme, la Procura non ha perso tempo, aprendo un'inchiesta, seguita nelle varie fasi direttamente dal procuratore capo Luigi Apicella, preoccupato per le gravi conseguenze negative che il mancato funzionamento del depuratore provocava sulla salute dei cittadini e per i notevoli danni ambientali. Dopo l'apposizione dei sigilli l'impianto ha funzionato sotto lo stretto controllo degli investigatori delegati dalla Procura. È stato disposto un sequestro con prescrizioni e con l'assoluto divieto, ancora oggi in vigore, per le autobotti, provenienti dal territorio regionale, di sversare i reflui industriali. Intanto sono stati ordinati e sono in corso lavori di adeguamento, per rendere effettivo il ciclo di depurazione dei reflui. Altro aspetto emerso dalle indagini è che i reflui non solo non venivano depurati, ma gli stessi non erano neppure analizzati preventivamente, così come prescritto dalla normativa. Venivano però forniti i dati delle analisi. Così ne è scaturita una contestazione di falso per Fulvia Cuozzo, in qualità di capo del laboratorio e per l'addetto Gaetano Gambardella, accusati di aver contraffatto i risultati relativi alle analisi. Altro capo d'imputazione contestato a tutti i sei indagati è l'illecito smaltimento dei fanghi, derivanti dalla depurazione. Una parte di essi sarebbe stata addirittura gettata nel fiume, confluendo poi in mare, con conseguenti esalazioni maleodoranti avvertite da tutti.