I dimostranti: non lanciamo bombe e non incendiamo i cassonetti ma ci riprenderemo la nostra terra rubata dallo Stato

Formicoso, la marcia non violenta dei 10mila

Imponente mobilitazione per ribadire il «no» alla terza discarica da costruire in Irpinia
3 ottobre 2008 - Aldo Balestra
Fonte: Il Mattino Avellino

Andretta. Sul Formicoso, l’altopiano a mille metri dove dovrebbe sorgere una megadiscarica da due milioni di tonnellate, arrivano da tutta l’Irpinia. Con la fascia tricolore da sindaco e i gonfaloni, con i pullman e le auto, le moto e le bici. E ci sono i bambini, nei passeggini spinti da madri e nonne. Agricoltori e famiglie, studenti e sacerdoti guidati dal vescovo Alfano, che contrappone «partecipazione e preghiere là dove i potenti alzano la voce e i manganelli». E pianta qui, il Vescovo, una tenda diventata da ieri «tempio del Formicoso». Sventolano le bandiere italiane e gli striscioni ambientalisti. E ci sono pure i cavalieri, che aprono il corteo dietro i blindati della polizia. Sette cavalieri che ogni tanto scorazzano nei campi smossi da poco, e che «scortano» quasi diecimila persone, il fiume umano che si snoda lungo i contrafforti di un altopiano spazzato dal vento che muove decine di pale eoliche, «una terra - ricorda orgoglioso il generale Di Guglielmo, della Pro Loco - ricca di vento e d’acqua nel ventre, che alimenta l’Ofanto». Non c’è più solo l’Irpinia d’Oriente, a protestare. Stavolta, infatti, c’è una bella fetta di popolo di tutta la provincia di Avellino, che marcia per cinque chilometri, mentre centinaia di poliziotti, carabinieri, finanzieri e soldati aspettano nei pressi del sito vasto oltre 60 ettari, fino a ieri coltivati a grano, già perimetrati da filo spinato, già militarizzati, in attesa dei sondaggi. Gente tosta e determinata, quella irpina, che il dissenso lo tira fuori civilmente, ma che proprio per questo... s’arrabbia: «Noi non lanciamo bombe, non incendiamo cassonetti, non andiamo all’assalto delle forze dell’ordine, manco oggi che è la madre di tutte le battaglie», urlano. «Per questo, forse, non ci considerano, perchè dicono: quelli sono irpini, in fondo sono solo contadini, quelli sono fessi». Slogan contro Berlusconi e Bertolaso, ma anche rabbia verso «la politica di qui, di destra e di sinistra», che «non tutela più, che non c’è più». Becca qualche fischio l’unico parlamentare irpino che sale sul Formicoso, il senatore del Pd Enzo De Luca, che pure aveva insistito ottenendo il voto unanime dell’aula sull’utilizzo delle cave campane per metterci i rifiuti: «Ma il Governo non lo fa, perchè ha paura della camorra che controlla la maggior parte delle cave», chiosa il senatore. I sindaci no, non vengono contestati, schierati a decine subito dopo la testa del corteo dove campeggia lo striscione-cult «Nessuno tocchi il Formicoso». La gente li «riconosce» come propri rappresentanti, li ascolta quando nel comizio conclusivo dal camioncino, fra i campi, con poliziotti e soldati che osservano da lontano. «Saremo con voi, fino alla fine. Non ci siamo mai opposti ai sondaggi, si facciano pure. Ma un attimo dopo togliete tende e filo spinati, restituite questa terra al suo popolo», grida il sindaco di Andretta, Antonio Caruso. Colorito il linguaggio di Marcello Arminio, di Bisaccia, che l’altro ieri evidenziava il passaggio della nota con cui il Sottosegretario Letta, dopo l’incatenamento di 13 sindaci a Roma, s’è impegnato perchè quella sul Formicoso «se si farà, sarà l’ultima dopo tutte quelle del decreto legge 90»: «Berlusconi, non avrai pace. Ci troverai persino sotto il tuo letto», urla Marcello. E al megafono arringa tutti l’omonimo Franco Arminio, lo scrittore-paesologo che di queste terre narra forza e disperazione, valori ed emigrazioni. Lo ascolta il segretario del suo partito, il Pd, Franco Vittoria. E lo segue, telecamera in mano, Andrea D’Ambrosio, che ha diretto «Biutiful Cauntri« («Questa è un’altra Campania, perchè vogliono devastarla così?», osserva il regista). Arminio è incontenibile, placa al telefonino un operaio di 32 anni, Luca Ciaffa, che nella vicina Bisaccia minaccia di lanciarsi dal campanile della chiesa (scenderà dopo alcune ore): «Il Formicoso oggi è piazza d’Irpinia, che ha già due discariche. Ci riprenderemo questa terra sacra, per la quale i nostri padri sono finiti in galera. Ma questa è una manifestazione in-fi-ni-ta-men-te pacifica», urla il paesologo. Non c’è tensione, ma rabbia sì. E tanta. Una donna impreca contro il cordone di polizia, contro un «moderno hitler che vi manda qui». Nessuno entra nel sito, come aveva disposto la Questura. Vorrebbe farlo con pacifica curiosità Vinicio Capossela, proveniente da Milano, padre di Calitri e mamma di Andretta, ad agosto sulla landa oggi recintata incantò tutti con un concerto pro-Formicoso. I soldati e il filo spinato gli consentono solo di girare intorno. «Un furto della terra manu militari», afferma amareggiato il cantautore. Non prova a forzare il blocco nemmeno Don Vitaliano Dello Sala, il prete noglobal e «barricadero» che da ieri si occupa delle anime di Capocastello, a Mercogliano: «Vedi? E’ questo il laboratorio del nostro futuro - osserva -. È la deriva di un nuovo fascismo: si decide una cosa e la si fa, senza che si possa più parlare. Con l’Esercito puoi forse discutere?».

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