Colapasta in testa, l'allegro corteo di Chiaiano
Sembravano tanti don Chisciotte, ma l’effetto ironico e grottesco era voluto. Così ieri il fronte antidiscarica di Chiaiano e Marano ha marciato da piazza Dante al Maschio Angioino, senza poter arrivare sotto la Prefettura, con i soliti striscioni, ma anche con la testa coperta da colapasta, orinali e finte fasciature insanguinate, con in mano cucchiai di legno, e con addosso buste nere per la spazzatura a mo’ di impermeabili. Una risposta pacifica, «prove tecniche di guerriglia urbana con pentole e fitti-fitti» hanno scritto su un cartello, per rispondere alle giornate di violenza che si sono scatenate nei giorni passati. Ad esplodere, infatti, sono stati solo dei banalissimi petardi lanciati davanti ai piedi dei carabinieri nei due unici momenti leggermente più tesi (a piazza Carità e a via Vittorio Emanuele III) quando i manifestanti hanno trattato con le forze dell’ordine per potersi avvicinare a piazza del Plebiscito. Saranno state in tutto 150 persone, molte donne, casalinghe che hanno esibito i propri strumenti di lavoro, ma anche pensionati e giovani antagonisti e insorgenti: il comitato contro la discarica e la rete campana Salute e Ambiente. A fare da regista, scatenato, sudato e incontenibile l’ex sindaco di Marano, Mauro Bertini (ex Rifondazione ora con i Comunisti italiani) che l’altro ieri era stato fermato dalla polizia e rilasciato, dopo l’ennesima protesta a Cupa del Cane. Davanti alla Questura Bertini ha persino inscenato un balletto ad uso e consumo di telecamere e fotografi. C’era anche l’inviato del «Financial Times». «Siamo pochi?» ha risposto ai cronisti. «Qui c’è la gente del presidio. Oggi la gente lavora, ma, quando è il momento, sa scendere in piazza, come è accaduto sabato, quando eravamo settemila. Questa è la marcia delle casalinghe». Sul nodo della protesta va giù pesante: «Vogliono risolvere la crisi scaricandola su alcune comunità. Anche la riapertura di Taverna del Re a Giugliano è una vergogna». A sfilare c’era una delegazione di cittadini che da anni convivono con le piramidi di ecoballe, mentre a piazza del Plebiscito ad aspettare Berlusconi s’era piazzata Lucia De Cicco, la pasionaria che qualche mese fa si diede fuoco. Non ha retto la durata dell’attesa. S’è sentita male ed è intervenuto il 118. Le sue condizioni non sono preoccupanti. A fare eco a Bertini c’era Pietro Rinaldi, dei comitati antidiscarica: «A sette giorni dall’annunciata apertura, prevista per 8 ottobre, Bertolaso si accorge che gli occorre molto più tempo. Il suo è un tentativo di far calare la tensione. Forse s’era illuso, immaginando che, dopo la pausa estiva, finisse tutto. Invece siamo di nuovo qui». I Comitati sono ancora più duri dopo l’annuncio di un quinto inceneritore da realizzare in Campania. Berlusconi continua «una politica devastante sul terreno del diritto alla salute» hanno scritto in una nota. Tutto s’è svolto in poco più di un’ora e mezza. Slogan («Esercito, camorra, polizia, questa è la loro democrazia») e la solita «Bella ciao», cartelloni (il più divertente: «Berlusconi va alla beauty-farm e ccà ’a gente se more ’e famme»; il più lugubre aveva una piccola bara incollata), con una saldatura a 360 gradi perché a guidare il corteo all’inizio, con tanto di megafono, c’era Raffaele Bruno, vicesegretario del partitino di Pino Rauti, residenza a Marano, tanto basta per allargare l’area da Che Guevara a Benito Mussolini. Quando s’è capito che non era il caso di bissare lo scontro («Non vogliano più essere picchiati» ha tagliato corto Bertini), il corteo s’è sciolto. Ma a piazza Trieste e Trento erano riusciti ad arrivare altri contestatori con striscioni e bandiere: i pompieri della Cisl e i precari del patrimonio culturale. Qualche fischio comunque all’orecchio del Cavaliere c’è arrivato.