La storia di Salvatore Picone, ultimo cittadino di Taverna del Re

Ecco la mia masseria tra le ecoballe

Fino a pochi anni fa c'erano alberi da frutto e verde in abbondanza, ora ci sono le piramidi di rifiuti accatastati
7 febbraio 2008 - Fulvio Bufi
Fonte: Il Corriere del Mezzogiorno

Vita all'ombra delle ecoballe Una foto, una storia
Taverna del Re A Giugliano, in mezzo alle ecoballe, c'è la Masseria del Re. Era diventato un toponimo famoso, ma pochi sapevano che la masseria c'era davvero. Fino a che ieri il Corriere della Sera ne ha pubblicato la foto. Ecco la sua storia, e quella del proprietario Salvatore Picone, l'ultimo contadino romasto da queste parti.

Giugliano - Il sentiero si apre in mezzo a due spianate di cemento con le ecoballe accatastate a formare due montagne che qui chiamano le torri gemelle. Per i primi metri quel sentiero è inspiegabile: divide immondizia da immondizia e porta verso altra immondizia, e apparentemente non c'è motivo che stia lì. Il motivo compare appena oltre una piccola curva che copriva la visuale. Però la risposta al perché di quel sentiero porta dritta dritta in una situazione surreale. In mezzo alle ecoballe, addosata ad un cantiere dove stanno costruendo una nuova piattaforma che servirà per stoccare altre immondizie, c'è la masseria che dà il nome a questo posto: la Masseria del Re. Ed è rimasta esattamente identica a come era quando al posto dei rifiuti c'era la campagna vera, con gli alberi, i frutteti, le piantagioni, dove si coltivavano le mele annurche e l'uva per fare l'asprino.

Le foto
La masseria in mezzo all’immondizia compare nel reportage fotografico che Massimo Sestini ha realizzato per il Corriere della Sera. L’area è quella del sito di stoccaggio per ecoballe di Giugliano, e la casa colonica di cui parliamo non è l’unica che ancora sopravvive in mezzo alle montagne di spazzatura. Ce ne saranno altre due o tre, però sono ruderi, una non ha il tetto, a un’altra sono rimaste soltanto le mura esterne. Invece la Masseria del Re, se fosse possibile, potrebbe essere portata così com’è in una qualsiasi altra campagna che non è stata sacrificata come questa, e tornerebbe a essere un posto vivo. Lo era fino alla scorsa estate, quando ci viveva una famiglia di coloni che ha abitato lì per generazioni. Il capofamiglia, Salvatore Picone, è forse l’ultimo contadino che è rimasto da queste parti. Quando cominciò ad arrivare l’immondizia lui decise che voleva continuare a lavorare la terra e non diventare muratore o falegname o guardiano come tanti suoi amici con i quali fino ad allora aveva diviso la fatica nei campi.

La scelta
Rimase a vivere nella masseria, anche se in alcuni periodi, quando non c’era da badare alla campagna, chiudeva e se ne tornava a Parete, il suo paese. Poi nel luglio scorso gli hanno requisito tutto: la casa e la campagna. C’era da aprire il cantiere per l’ampliamento del sito, e serviva anche lo spazio che fino ad allora era stato risparmiato. Picone, da uomo pratico, ha capito che c’era poco da battagliare e si è dedicato al lavoro in un altro appezzamento poco distante, ma comunque ben oltre i recinti dell’impianto. Masseria di Taverna del Re

Quattro cani
La casa però continua a frequentarla per portare da mangiare a quattro cagnolini che la mamma deve avere da poco smesso di allattare e perché ha lasciato lì il suo deposito per gli attrezzi che gli servono nei campi. Ma non è solo un ripostiglio la Masseria del Re. Dentro ci sono i mobili che raccontano la storia della famiglia Picone e di un tempo ormai cancellato dalla spazzatura. Sul tetto c'è il serbatoio che raccoglie l'acqua tirata su dal pozzo. Sul muro esterno c'è ancora la targa di ferro con il nome della casa, e c'è pure ancora il recinto dove una volta razzolavano le galline e che adesso invece è il rifugio in cui credono di nascondersi i quattro cuccioli quando vedono arrivare qualcuno che non sia Salvatore, che invece hanno imparato a conoscere e gli fanno pure le feste. L'ultima volta che è venuto a riempire le ciotole ha portato con sé un parente novantenne che pure è vissuto qui a lungo ma era da anni che non ci tornava.

Il ritorno
Non è stato un bel momento: il vecchietto non riconosceva più casa sua, non capiva che cosa fossero quelle specie di montagne tutt’intorno. Alla fine non è nemmeno sceso dalla macchina. Ha aspettato che Salvatore desse da mangiare ai cuccioli e salutasse un amico che veniva dal cantiere, e poi gli ha chiesto di andarsene. Lui voleva vedere la casa dove era stato giovane, chissà quali ricordi credeva di ritrovare. Ha trovato le ecoballe. E a novant’anni può pure permettersi di non capire che cosa sono.

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