IL DOSSIER «ROMPIBALLE». RESCISSI I CONTRATTI AGLI IMPUTATI

Fibe licenzia i direttori dei Cdr

Inchiesta rifiuti, i tecnici si erano difesi mostrando al gip le buste paga
20 settembre 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Cinque righe, prosa asciutta, pochi fronzoli: «Comunichiamole suo licenziamento per riduzione di personale per cessazione di attività con efficacia al 17 settembre 2008 stop esoneriamola preavviso stop segue lettera stop saluti». Poche righe per comunicare ai sette direttori dei Cdr campani finiti nella doppia inchiesta penale sull’emergenza rifiuti in Campania che il rapporto di lavoro è finito. Poche righe firmate Fibe spa, una delle aziende del gruppo Impregilo al centro dell’inchiesta sulla presunta truffa ai danni dello Stato, nella realizzazione di impianti e termovalorizzatori in Campania. Sette capimpianto licenziati, dunque, nel bel mezzo di una vicenda giudiziaria ancora tutta da definire. Tutti con una laurea in ingegneria in tasca - età compresa tra i 35 e il 40 anni - sposati, con prole a carico. Finiscono in due fascicoli giudiziari, in compagnia di nomi illustri della politica e della imprenditoria: imputati nel primo processo accanto al governatore Antonio Bassolino, all’ex vicecommissario Raffaele Vanoli, l’ex ad di Impregilo Pier Giorgio Romiti; mentre nel secondo processo - inchiesta «rompiballe» - i sette capimpianto sono in compagnia dello staff di vertice della protezione civile, tra cui Marta Di Gennaro. Finiti ai domiciliari la scorsa primavera (poi revocati nel corso del procedimento), i sette ingegneri si difesero in modo efficace dinanzi al gip. Difesi dagli avvocati Ilaria Criscuolo e Alfonso Furgiuele, i sette si presentarono con la busta paga in mano. Stipendi di 2000 euro, sono accusati di aver svolto un ruolo strategico nella presunta truffa, coprendo per anni il pessimo funzionamento delle strutture che dirigevano. Quegli impianti - si legge negli atti - invece di produrre cdr, vomitavano spazzatura, priva di valori energetici richiesti dal contratto. Un’accusa su cui si regge il processo. Un’accusa che vede coinvolti anche i vertici del gruppo Fibe e che potrebbe aver influito nella decisione di far scattare il licenziamento. Durissima la reazione dei diretti interessati, almeno a giudicare dalle lettere indirizzate alla Fibe e alle istituzioni, compreso l’ufficio di presidenza del consiglio. Tutti ribadiscono la propria disponibilità a modificare le proprie mansioni, tutti ricordano il principio di innocenza fino a prova contraria, che dovrebbe garantire il proprio posto di lavoro fino a una eventuale condanna definitiva. Tutt’altro che incoraggiante la replica della Presidenza del consiglio: «A ragione dei procedimenti penali pendenti a suo carico per fattispecie criminose che sarebbero state poste in essere in danno dell’amministrazione statale e strettamente connesse ad atti gestori in materia di smaltimento dei rifiuti, non possano valutarsi ricorrenti i presupposti per procedere all’assunzione». Laconica la chiosa finale: «Ovviamente, nell’ipotesi che il procedimento dovesse concludersi con l’assenza di responsabilità per i fatti ascritti, e sempreché dovesse permanere l’emergenza ambientale in Campania, l’amministrazione procederà di avvalersi della sua collaborazione».

 

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