Nuove rivelazioni dell’Espresso Secondo il collaboratore di giustizia il parlamentare sarebbe stato un fiduciario del clan Bidognetti

Clan e rifiuti, ora il pentito accusa Cesaro

Dopo Cosentino, l’imprenditore dei casalesi Vassallo tira in ballo il coordinatore napoletano di Fi: «Incontrò il boss»
19 settembre 2008 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino Caserta

Il cuore dell’accordo è un paesone di confine tra le province di Napoli e Caserta, area agricola che vuole diventare industriale. L’affare consiste nel riconvertire la zona rurale, cinquanta milioni di euro da dividere tra costruttori, politici, camorristi. Tutti amici, tutti soci nell’impresa Pip, quella che promuoverà il turbolento e colluso comune di Lusciano che vanta tre scioglimenti per infiltrazioni camorristiche in quindici anni. Gaetano Vassallo, l’imprenditore dei rifiuti che collabora con la Dda di Napoli dall’aprile scorso, parla e racconta. Accusa il sottosegretario Nicola Cosentino ma ne ha anche per Luigi Cesaro, il suo braccio destro nel coordinamento regionale di Forza Italia, santantimese e funzionario dell’Asl di Caserta. I verbali di Vassallo sono riportati in un articolo dell’Espresso, in edicola oggi. Fatti e circostanze che vanno a riempire gli omissis di un pezzo da novanta della camorra casalese, Luigi Guida, napoletano della Sanità diventato il reggente di Francesco Bidognetti fino alla data del suo arresto, a luglio del 2005. Guida non è un pentito, non è neppure un dichiarante: parla per se stesso, dice e non dice, fa capire che potrebbe provocare un terremoto. Garante di operazioni estorsive e di trattative con la zona grigia del malaffare, interrogato alla fine del 2006 accenna all’operazione Pip a Lusciano, mai andata in porto, e all’accordo di massima già raggiunto che prevedeva una tangente del 5 per cento dell’importo dei lavori. Dall’operazione veniva escluso Francesco Emini, costruttore di Parete che pure per dodici anni aveva pagato tangenti al clan garantendosi, in qualche modo, la protezione.

Il Fatto

È il 12 ottobre del 2007 quando il Consiglio dei ministri ordina lo scioglimento del Comune di Lusciano che, per la terza volta in quindici anni, si ritrova senza sindaco, giunta e consiglio, tutti licenziati per infiltrazioni e condizionamenti del clan dei Casalesi. La censura all’attività amministrativa del piccolo comune dell’agro aversano, già commissariato per mafia nel 1992 e nel 1999, era nell’aria sin dal dicembre del 2006, quando i carabinieri avevano perquisito gli uffici del Comune e portato via, in fotocopia, gli incartamenti delle pratiche Pip: un affare da 50 milioni di euro. Un mese dopo, la nomina della commissione d’accesso. Nel fascicolo, corposi riferimenti al passato, con l’arresto per associazione camorristica di un consigliere comunale e del capo dell’ufficio tecnico, Gennaro Costanzo, ingegnere, socio di fatto in un’impresa edile.

Un altro doveva entrare al suo posto.Pochi giorni dopo la dichiarazione di Guida, il 19 dicembre del 2006, la Dda manda i carabinieri al Comune di Lusciano e sequestra atti, delibere, fascicoli istruttori. Documenti che costano lo scioglimento antimafia, a settembre del 2007, e che sono già riscontrati quanto scende in campo Gaetano Vassallo, che nell’operazione tira in ballo anche Nicola Ferraro, consigliere regionale dell’Udeur coinvolto nell’inchiesta Mastella: «Il Ferraro aveva il compito di cacciare i soldi per conto del gruppo Bidognetti per liquidare i coloni. Una volta divenuti edificabili, i lotti venivano assegnati a ditte di persone collegate al clan, quali l’azienda di Cesaro, che in cambio dell’assegnazione versava una percentuale al clan». E aggiunge: «Luigi Cesaro era stato scelto dal gruppo Bidognetti quale fiduciario e gestore dell’operazione». Gaetano Vassallo, in un interrogatorio dello scorso giugno, racconta di aver assistito a un incontro tra Guida e Cesaro, e rivela i retroscena di un’altra operazione immobiliare: la riconversione della Texas di Aversa. «Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell’occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti». Progetto cambiato in corso d’opera. Attualmente, al vaglio della Regione, c’è la trasformazione della fabbrica in megacentro commerciale.

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