Clan e rifiuti, ora il pentito accusa Cesaro
Il cuore dell’accordo è un paesone di confine tra le province di Napoli e Caserta, area agricola che vuole diventare industriale. L’affare consiste nel riconvertire la zona rurale, cinquanta milioni di euro da dividere tra costruttori, politici, camorristi. Tutti amici, tutti soci nell’impresa Pip, quella che promuoverà il turbolento e colluso comune di Lusciano che vanta tre scioglimenti per infiltrazioni camorristiche in quindici anni. Gaetano Vassallo, l’imprenditore dei rifiuti che collabora con la Dda di Napoli dall’aprile scorso, parla e racconta. Accusa il sottosegretario Nicola Cosentino ma ne ha anche per Luigi Cesaro, il suo braccio destro nel coordinamento regionale di Forza Italia, santantimese e funzionario dell’Asl di Caserta. I verbali di Vassallo sono riportati in un articolo dell’Espresso, in edicola oggi. Fatti e circostanze che vanno a riempire gli omissis di un pezzo da novanta della camorra casalese, Luigi Guida, napoletano della Sanità diventato il reggente di Francesco Bidognetti fino alla data del suo arresto, a luglio del 2005. Guida non è un pentito, non è neppure un dichiarante: parla per se stesso, dice e non dice, fa capire che potrebbe provocare un terremoto. Garante di operazioni estorsive e di trattative con la zona grigia del malaffare, interrogato alla fine del 2006 accenna all’operazione Pip a Lusciano, mai andata in porto, e all’accordo di massima già raggiunto che prevedeva una tangente del 5 per cento dell’importo dei lavori. Dall’operazione veniva escluso Francesco Emini, costruttore di Parete che pure per dodici anni aveva pagato tangenti al clan garantendosi, in qualche modo, la protezione.
È il 12 ottobre del 2007 quando il Consiglio dei ministri ordina lo scioglimento del Comune di Lusciano che, per la terza volta in quindici anni, si ritrova senza sindaco, giunta e consiglio, tutti licenziati per infiltrazioni e condizionamenti del clan dei Casalesi. La censura all’attività amministrativa del piccolo comune dell’agro aversano, già commissariato per mafia nel 1992 e nel 1999, era nell’aria sin dal dicembre del 2006, quando i carabinieri avevano perquisito gli uffici del Comune e portato via, in fotocopia, gli incartamenti delle pratiche Pip: un affare da 50 milioni di euro. Un mese dopo, la nomina della commissione d’accesso. Nel fascicolo, corposi riferimenti al passato, con l’arresto per associazione camorristica di un consigliere comunale e del capo dell’ufficio tecnico, Gennaro Costanzo, ingegnere, socio di fatto in un’impresa edile.