L'intervista: Ganapini, chimico ecologista, fa parte del nuovo staff della Regione

Il consulente di Bassolino: «Termovalorizzatori inutili»

Il prof universitario, che sul «Manifesto» ha tuonato contro i termovalorizzatori, è convinto di poter proporre un’alternativa anche in Campania
2 febbraio 2008 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI — «Dimostrerò a Bassolino che una corretta gestione del ciclo dei rifiuti è in antitesi con i termovalorizzatori». C’è anche un nemico giurato dei termovalorizzatori nel gruppo di esperti istituito dalla Regione sull’emergenza rifiuti. È Walter Ganapini, chimico, ex presidente dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente.
Professore, cosa ci fa lei tra i consiglieri di Bassolino, visto che il governatore dice che l’emergenza è stata aggravata dai no degli ambientalisti?
«Voglio contribuire a un cambio di rotta nel piano rifiuti».
Quanto guadagnerà?
«Percepirò solo un rimborso spese».
Perché è contro i termovalorizzatori?
«Negli anni sessanta erano la modernità, oggi non li costruiscono più in nessun paese d’Europa. Le tecniche di gestione del ciclo dei rifiuti sono progredite. Esistono sistemi più efficienti e meno inquinanti».
L’inceneritore di Brescia passa per un impianto modello.
«Come quello viennese rispetta la normativa, ma non vuol dire che non inquini. Hanno dipinto di blu la ciminiera per renderla più attraente, ma da quella ciminiera escono nanopolveri. A Reggio Emilia, la mia città, l’Apat calcola che siano responsabili di 500 morti all’anno».
La Campania è sommersa dai rifiuti. Come se ne esce?
«Il primo passo è la riduzione dei rifiuti prodotti. Alla Federico II c’è il laboratorio per ecodesign merci. Mettiamo insieme università e produttori e troviamo contenitori meno pesanti. Non è possibile che compriamo 200 grammi di imballaggi per 10 grammi di prodotto. Un’altra strada da percorrere subito è un accordo con la grande distribuzione, che imponga di disimballare i prodotti all’uscita dei supermercati, dove allestire centri di raccolta».
E poi, cos’altro?
«La differenziata porta a porta nel 70% nei piccoli Comuni. A Napoli deve subito partire negli uffici pubblici, nelle scuole e nelle università. Non possono farla gli attuali consorzi. Assorbirei i lavoratori in una spa che sia pagata in funzione dei risultati conseguiti».
Mancano gli impianti di compostaggio, dove l’umido diventa fertilizzante o
ammendante. Come rimediare?

«Nei 7 Cdr gli impianti sono stati costruiti, ma non funzionano. In meno di un mese si possono mettere a lavorare decentemente. Abbiamo 4 aziende nazionali bravissime in questo settore. Si fa un accordo con Confindustria e si affidano loro gli impianti. A Milano realizzarono una struttura da 2.000 tonnellate al giorno. Le risorse europee garantiscono fondi sufficienti per costruire almeno altri 10 impianti di compostaggio. In pochi mesi abbatteremmo del 70% l’immondizia da trattare. Di 2.800.000 tonnellate annue, ne resterebbero circa 800.000».
E il 30% che rimane?
«Lo si divide in diversi flussi: vetro, metalli, plastiche. La parte organica è ulteriormente separata e poi sottoposta in parte al compostaggio e in parte alla digestione anaerobica per produrre biogas. Alla fine si riduce del 40% il peso di quel 30% residuo dalla differenziata, di cui dicevamo prima. Rimarrebbe il 18% dell’immondizia prodotta originariamente. Rifiuto secco, non putrescibile. Potrebbe essere impiegato nei cementifici. A Treviso ci costruiscono le sottofondazioni».
Cosa chiederà a De Gennaro?
«Renda obbligatoria l’adozione della tariffa rifiuti al posto della tassa, per prermiare chi produce meno immondizia. La norma era nella Finanziaria, Ma è saltata».

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