«Speriamo in un miracolo di San Gennaro»

Il parroco Don Giuseppe: è il giorno della preghiera
18 settembre 2008 - Aldo Balestra
Fonte: Il Mattino Avellino

Formicoso Don Giuseppe Cestone, calitrano che ha studiato a Roma per diventare sacerdote, ha 26 anni ed il coraggio immacolato dei preti giovani, che nel primo impegno parrocchiale si spendono con entusiasmo. Ad Andretta, nella parrocchia dedicata all’Assunta, è arrivato lo scorso 6 agosto, e da altirpino che conosce queste terre ha abbracciato subito la causa della «sua» gente. Oggi sarà al fianco del Vescovo, Monsignor Francesco Alfano, un semplice che non ama farsi chiamare «Eccellenza», insieme al quale offrirà l’olio per la lampada votiva di San Gennaro. «Don Giusè - gli hanno detto ieri i parrocchiani - stavolta San Gennaro il miracolo deve farlo a noi». Lui, don Giusè, sì che ha nel cuore la speranza della gente di Andretta. Comunità che non ha mica voglia di essere più «la cavillosa», come De Sanctis la qualificò ai tempi del suo Viaggio elettorale, «a cagione delle proteste». Ma l’orgoglio tenace di difendere l’altipiano del grano e dei pascoli, e delle pale eoliche, dall’arrivo di tonnellate e tonnellate di immondizia, quello nessuno lo mette in dubbio. «Oggi, però, la preghiera non va strumentalizzata. Saremo a Napoli, porteremo compostamente l’olio della nostra parrocchia, prescelta perchè, e chi può negarlo, stiamo vivendo un momento delicatissimo. Preghiamo e offriamo al Signore, attraverso San Gennaro, le risorse del nostro territorio, affinchè vengano valorizzate alla luce dell’intervento di Dio. Qui da noi - osserva - il Creato potrebbe esser ferito dalla mano dell’uomo, preghiamo perchè ciò non avvenga». Il parroco di Andretta avrà al suo fianco ragazzi negli antichi costumi del paese, che testimoniano la vocazione da sempre agricola della comunità. E i giovani avranno tra le mani l’ampolla maiolicata prodotta a Calitri, con dentro l’olio. Pregheranno San Gennaro, sperando che più o meno allo stesso orario, nella sede napoletana del Commissariato, il sindaco Caruso non riceva la notizia che ad Andretta e Vallata, a Lacedonia e Bisaccia, nessuno vuol sentire, ovvero l’annuncio dell’arrivo delle ruspe per i carotaggi. «La chiesa altirpina ha raccolto il grido della sua popolazione, dopo i concerti - (qui è venuto Vinicio Capossela, a suonare e cantare la sua rabbia) - e le manifestazioni politiche - (il Pd ha discusso per tre giorni) - ha pregato e riflettuto per una settimana, abbiamo piantato alberi sul Formicoso. E nella piazza dei Caduti, ad Andretta, ora c’è un ulivo secolare, con radici antiche e frutti nuovi. C’è una speranza per la nostra terra, è quella di continuare modernamente la tradizione agricola degli avi», osserva il giovane. «E La nostra Chiesa vive in simbiosi le ansie di quella partenopea. É senz’altro un segno del Signore, che ogni cristiano deve compostamente e intimamente cogliere. Speriamo che si possa tornare a casa con buone notizie. Noi vogliamo salvare il Formicoso», conclude. Che succederà, da domani in poi? Don Giuseppe per ora non ci pensa, non riesce a prevederlo, ma a temerlo forse sì. Come la gente di Andretta, che sembra già materializzare sull’Altipiano - individuato per ingoiare due milioni di tonnellate di rifiuti - trivelle, ruspe, poliziotti, manganelli, sudore, lacrime, urla e rabbia. Altro che i cavilli,altro che «le proteste» desanctisiane del 1875, «che rivelavano, a gran distanza, un sottile spirito avvocatesco».

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