Dissequestro Impregilo La procura: gli atti non letti dai giudici
I giudici del Riesame non avrebbero letto gli atti della più importante inchiesta napoletana su rifiuti e pubblica amministrazione. È uno degli argomenti utilizzati dalla Procura nella richiesta di sequestro di beni (fino a 750 milioni di euro) delle aziende del gruppo Impregilo, finite nell’inchiesta sulla presunta truffa del ciclo smaltimento dei rifiuti in Campania. Un ricorso che ha come antefatto la decisione dei giudici del Riesame - Pierluigi Di Stefano, Monica Cacace e Michele Ciambellini - di accogliere le conclusioni del penalista Alfonso Maria Stile e di dissequestrare 750 milioni di euro, al termine dell’udienza discussa dopo l’intervento, a sezioni unite, della Cassazione. Per il Riesame - è argomento centrale dietro il dissequestro dei 750 milioni di euro - i pm non avrebbero distinto le attività lecite da quelle illecite, rendendo impossibile individuare la presunta truffa. Ecco la replica dei pm: «La decisione del Tribunale si caratteriezza per un fermo e inspiegabile rifiuto di esaminare il compendio probatorio». E ancora: «C’è il ricorso a vacue e astratte considerazioni prive di alcuno sviluppo di ordine logico che non sia quello di elaborare vere e proprie acrobazie giuridiche intese a evitare di compiere l’unico lavoro richiesto dall’ordinamento e dalla Suprema Corte: leggere gli atti, tutti, e decidere». Per gli inquirenti, dunque, toccava ai giudici distinguere l’eventuale corrispettivo della prestazione regolare dal profitto ottenuto dal reato: «Di fronte a 57 faldoni processuali (opportunamente scannerizzati in dvd versati in atti, alcuni dei quali espressamente richiamati dal pm nella sua richiesta, dal gip nel decreto e comunque tutti appositamente indicati nell’indice degli atti) - notano gli inquirenti - lo sforzo motivazionale si conclude in sole tre righe di motivazione, limitandosi a rammaricarsi della presunta sua impossibilità di rielaborare le informazioni in atti da parte del Tribunale, essendo le indagini state svolte con riferimento all’ipotesi dell’essere tutta l’attività della Ati esecuzione di un programma criminale». La Procura insiste. E critica l’argomento centrale del Riesame. «Non c’è solo la chiara determinazione di non leggere gli atti e quindi di non decidere, ma anche la goffa giustificazione fornita dal tribunale al proprio comportamento». Critici i pm anche di fronte alle bacchettate del Riesame sulla mancata rielaborazione degli atti, lì dove la presenza del pm in un’udienza dinanzi al Tribunale della Libertà viene ritenuta facoltativa e non obbligatoria. Spiegano i pm: «Dal momento che il Tribunale ha basato la propria decisione sul comportamento processuale del pm e della difesa, ci si chiede con estremo interesse come avrebbe deciso il giudice qualora l’accusa non avesse presenziato». Il Riesame - sono ancora conclusioni dell’accusa - «mostra di non aver letto con attenzione neppure la sentenza del rinvio della suprema Corte» a proposito degli «elementi indiziari indicativi del reato presupposto di truffa». A questo punto, tocca al Tribunale del Riesame dare seguito al ricorso per Cassazione, in attesa dell’udienza conclusiva sul colossale sequestro chiesto a carico della Impregilo.