Rifiuti, allo Stato i beni di Chianese
Investigatori e collaboratori di giustizia dicono di lui che sia la vera mente del traffico di rifiuti dal nord al sud della penisola, l’uomo che oltre vent’anni fa comprese il valore economico dell’immondizia e che mise in contatto gli imprenditori toscani che cercavano discariche con la camorra casalese, che poteva mettere a disposizione sversatoi e terreni agricoli. Si chiama Cipriano Chianese, è un avvocato di Parete di 57 anni, è uscito indenne dal processo «Adelphi» incassando un’assoluzione (e una parziale immunità garantita dal nebis in idem), è in attesa di giudizio nel processo nato dalle indagini sulla Resit, una delle sue società. Da ieri è un uomo sottoposto alla sorveglianza speciale e più povero, molto più povero. Gli uomini della Dia di Napoli, che avevano indagato a lungo su di lui, gli hanno notificato, infatti, il decreto di confisca e di applicazione delle misure di prevenzione personali: tre anni e sei mesi di sorveglianza speciale, con l’obbligo di dimora a Parete. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a conclusione della procedura di prevenzione sostenuta in camera di consiglio dal pm Alessandro D’Alessio. Notevolissimo il valore dei beni destinati allo Stato: case, terreni, società, un albergo, una barca di venti metri e una somma contante di circa venti milioni di euro. In totale, un patrimonio stimato poco meno di ottanta milioni. Quel tesoro, è scritto nel provvedimento, è stato accumulato grazie alla contiguità di Chianese con il clan dei Casalesi: amicizie, frequentazioni e rapporti d’affari - come ha recentemente confermato Gaetano Vassallo, altro imprenditore del settore che dall’aprile scorso collabora con la giustizia - fondati sullo smaltimento dei rifiuti, il più grande business della Camorra spa. Un rapporto che aveva cercato anche di tramutare in consenso elettorale, quando aveva presentato la sua candidatura alla politiche del 1994. L’indagine della Dia di Napoli, che tre anni fa portò al suo arresto per associazione camorristica, aveva evidenziato rapporto obliqui e trasversali con esponenti delle forze dell’ordine, dei servizi segreti e, soprattutto, con camorristi di primo piano del clan dei Casalesi. I beni sottoposti a confisca sono la totalità delle quote, capitali e beni strumentali all’esercizio della Resit srl di Parete; la totalità delle quote, capitali e beni strumentali all’esercizio della Griciplast di Parete; un fabbricato con annesso suolo in Parete al corso Vittorio Emanuele numero 178; due appartamenti a Roma; cinque appartamenti a Caserta, al Parco del Corso; due terreni a Parete; unità immobiliari, ubicate a Parete, consistenti in un complesso a uso industriale e artigianale, formato da quattro edifici da due piani realizzati su sei appezzamenti di terreno a Parete; un fabbricato e un terreno a Sperlonga; un complesso alberghiero a Formia, alla via litoranea (l’ex albergo Marina di Castellone); otto terreni a Giugliano in Campania per una estensione di 50.000 metri quadri; titoli e contanti depositati in vari istituti di credito del casertano per un totale di circa 20 milioni di euro; l’imbarcazione di 20 metri ormeggiata a Gaeta.