Napoli, amianto nella discarica del centro città
Per arrivare alla discarica di Villaricca, uno dei tre siti indicati dal commissario Gianni De Gennaro per uscire dalla crisi dei rifiuti campani, si segue il cartello «Casa di riposo Osiride» e ci si inerpica per una strada di terra scura circondata da alberi secchi e grosse buche di cava.
Un tempo, racconta un abitante della zona, questa era la terra delle mele annurche, quelle piccole e rosse dal sapore aspro. Poi i proprietari dei terreni hanno preferito affittare. Allo smaltimento. Camion in fila di notte. Targhe del nord. Tanti soldi e alberi multicolore, nel senso che vedendo quelli che sorgono in cima alla salita sembra di stare davanti ad una prova di stampa: cinque arbusti perfettamente uguali che hanno cinque colori diversi, dal verde al marrone scuro. Alla fine della salita si staglia la discarica «temporanea» di Villaricca». Sulla destra ecco la sagoma dell'impianto di Cdr di Giugliano. Alle sue spalle inizia la distesa delle ecoballe di Taverna del Re. Alle undici e mezza di mattina, c'è un cameraman asiatico che vomita. Il motivo? Il catino con il percolato (liquame proveniente dai rifiuti umidi che marciscono), circondato da una ventina di ventilatori che soffiano nell'aria il biogas, sfiatatoi di quello che giace qui sotto. Puzza insopportabile che corre verso i paesi dell'area: Villaricca, Qualiano, Licola...
Il sito «temporaneo» era stato chiuso la scorsa estate dopo quasi un anno di servizio. Alcuni affermano che all'epoca, con il caldo i rifiuti «bollivano». Ecco, per capire perché questo pezzo dell'hinterland napoletano è in subbuglio (blocchi a Qualiano e verso Melito), bisogna comprendere una questione fondamentale: qui, negli anni, il «temporaneo» è diventato definitivo, e l'immondizia è sempre rimasta lì dove era stata «temporaneamente» messa. C'è una sfiducia totale verso le istituzioni a cui si sostituisce il tumulto di popolo rigonfio di quella che è stata percepita come «la vittoria di Pianura». Cittadini combattuti tra paure anche irrazionali e l'evidenza dei fatti.
Per comprendere meglio quello di cui stiamo parlando ci spostiamo di una ventina di chilometri verso Napoli ed entriamo in quella che un tempo era la manifattura tabacchi dei Monopoli di Stato. La casa delle Ms è nei pressi di via Gianturco, a due passi dalla stazione ferroviaria e da uno dei centri sociali «storici» della città, l'Officina 99. Anche qui c'è un presidio di cittadini che non vuole l'arrivo della spazzatura. Salvatore Zarlengo, capogruppo del Pdci in municipalità, spiega: «Non avvicinatevi a quei sacchi che c'è conservato l'amianto». Pare assurdo ma è così: decine di sacchi bianchi ospitano i resti di alcuni rivestimenti che sono stati tolti al palazzo. «Lì passava l'acqua che lavava il tabacco, è di eternit», indica augurando buona fortuna a chi ha fumato le sigarette prodotte all'epoca.
Lo spazio scelto dal commissariato per mettere i rifiuti è un enorme capannone poco più giù in cui già sono stati fatti alcuni lavori di sistemazione. La società proprietaria dell'area, la Fintecna ha chiarito che affitta quegli spazi per non più di due mesi, poi fa causa. Ma i cittadini non vogliono. «Noi non è che non vogliamo qui dentro i rifiuti - spiega Zarlengo - abbiamo proposto a De Gennaro di accogliere quelli della zona, ma differenziati». Ma il timore, confidato da una signora che lavora alle spalle delle ex manifatture, è che «qui diventi come in via Nuova delle Brecce». Via Nuova delle Brecce è un'altra fotografia di quello che è successo qui negli anni. A mezzo chilometro da piazza Garibaldi, centro della città, e all'ombra delle ciminiere della raffineria di Napoli, qui doveva sorgere un sito per lo stoccaggio dei rifiuti ingombranti: frigoriferi, lavatrici...
Oggi ci sono in fila i compattatori della società che raccoglie i rifiuti. A bordo del suo tir, alle tre del pomeriggio, un autotrasportatore è in attesa dalle dieci di mattina: «Dobbiamo prendere l'immondizia qui e portarla al cdr di Caivano». Racconta che viene da tre giorni di «fila» alla discarica di Serre e che la gente fa bene a protestare perché la situazione è impossibile. Quello che è successo in Campania va oltre l'immondizia per le strade. È tessuto connettivo e politico che è stato tirato via. E il commissario De Gennaro fa bene a dire: «Se lavoriamo tutti insieme il piano funzionerà», come ha ribadito anche ieri di ritorno da Ariano Irpino, ma i cittadini che bloccano pezzi di città a Napoli, Afragola, San Giorgio a Cremano, Licola, Pianura, Marigliano e Giugliano per protestare contro la riapertura delle discariche e, allo stesso tempo, per manifestare contro i sindaci che non raccolgono i rifiuti dalla strada, sono il segno di un meccanismo che si avvita su sé stesso senza produrre alcunché.