Il cantautore di origini irpine protagonista sul Formicoso della mobilitazione promossa da tutti i sindaci della zona

Capossela: «Non uccidete la mia terra»

Andretta, in duemila al concerto: il problema-rifiuti non si risolve con una discarica
19 agosto 2008 - Gigi di Fiore
Fonte: Il Mattino Avellino

Andretta. «Nessuno tocchi Formicoso» dice lo striscione appeso sul palco. Un’aria limpida a oltre 900 metri d’altezza taglia le imponenti eliche bianche che tutt’intorno la vallata trasformano il vento in energia pulita. Posti d’incanto, posti di grano incontaminato e olio puro. Posti di discarica. Qui un decreto legge ha stabilito che tra qualche giorno cominceranno i lavori per uno sversatoio di rifiuti su 32 ettari. Alta Irpinia, gente semplice. Tradizioni contadine. La protesta non è volgare, né violenta: musica sul palco del «festival pro Formicoso». Ci saranno 17 gruppi a suonare, molta musica locale. Radici: quelle ritrovate da Vinicio Capossela, il musicista famoso che ha sposato la causa della gente di Bisaccia come di Calitri, di Andretta come di Cairano. In tutto, 19 amministrazioni comunali unite, tre comunità montane, Legambiente e il comitato «Nessuno tocchi Formicoso» che è poi il nome di questa grande area. Zia Antonietta è di Andretta, arriva con dei vestiti di scena. Zia Antonietta è la mamma di Vinicio Capossela. Dice: «Speriamo che vada bene, che tutto questo serva a qualcosa». Il papà del musicista è di Calitri. Irpini emigrati in Germania dove nacque il loro figlio famoso. Vinicio Capossela dice: «Avete visto che posti? Questi sono i luoghi dei miei racconti di bambino. Sono il mio immaginario di fanciullo, che il progetto di discarica sta per distruggere. Qui c’è la cultura contadina, il senso del mistero non rassicurato da leggende di lupi mannari». Torna alla ricerca dei ricordi, Capossela. E ha messo la sua notorietà al servizio della causa ambientale. Dal pomeriggio sale la gente. Lascia l’auto e a piedi prosegue. Vengono anche da Napoli o Salerno. Il sindaco di Bisaccia, Franco Arminio, dà il via al festival. Sono le sette di sera. A quell’ora, ci sono solo un migliaio di persone. Il numero aumenterà nella notte. Sul palco, la musica. Un pannello, realizzato con pennarello rosso individua il «triangolo della morte» in Irpinia: in alto Savignano, poi giù a sinistra Ariano e a destra Andretta. Il commento dice: «Ci state togliendo la nostra terra, il nostro passato, il futuro dei nostri figli». Donna Rosa si stringe nel suo scialle nero. La sua masseria sarà inglobata dalla discarica. Lei coltiva grano e anche il fieno che viene venduto per mangime agli allevatori di bufale campani. Dice: «È una tazza di caffè amaro. Ho anche sette vacche, che moriranno con me». Più giù un agriturismo che sarà costretto a chiudere. Tanti volti scavati, rughe contadine. Lontane le contaminazioni violente delle proteste napoletane, qui il no è pieno di dignità non urlata. Quando Vinicio sale sul palco, si avvicina la mezzanotte. Lo accompagnano quattro signori di età avanzata. Sono «La banda della posta»: Matalone, Tatta Creta, Rocco Briundo e ’o parrucchiere. Suonarono al matrimonio dei suoi genitori. Attacca «Maraja». Poi le «canzoni della Cupa», musica contadina di tradizione orale. Lui spiega la scelta del repertorio: «Non è il mio concerto, ma il tentativo di dare voce a questa terra. Farò solo qualche brano del mio repertorio, poi andremo avanti con i canti a sonetto». La gente balla, si diverte, sembra non avvertire il freddo. Cantano le strofe di «Taresuccia», o «Franceschina la calitrana». Vinicio si diverte, intervalla le canzoni con le ragioni della sua presenza: «Qualche giornale ha voluto inventare una polemica che non c’è con Pino Daniele, quando io avevo detto cose diverse. Inutili polemiche di cui si nutrono i mass media. Io dico solo che qui si difende l’integrità ambientale che è l’unica risorsa di questa terra. Ci sono altri modi per risolvere il problema rifiuti». È notte fonda, la gente va via. Respira l’aria buona e fredda. E fa commenti contro la discarica. Potenza della musica, elisir persuasivo.

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