I pm: spetta ai giudici del Riesame individuare le attività lecite svolte nella gestione del ciclo

Impregilo, la Procura rilancia «Ecco perché c’è la truffa»

Dopo il dissequestro, 15 giorni per il ricorso
10 agosto 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Quindici giorni per salvare l’inchiesta sulla presunta truffa dei rifiuti in Campania. Chiusa la sospensione feriale, a partire da metà settembre, la Procura avrà quindici giorni per indirizzare in Cassazione il proprio ricorso. In ballo 750 milioni di euro - quelli che i pm ritengono provento di un colossale raggiro in accordo con il commissariato - e la credibilità di quattro anni d’indagine. Undici pagine firmate dal Riesame - Pierluigi Di Stefano, Monica Cacace e Michele Ciambellini - per bocciare la Procura, dopo un braccio di ferro che va avanti da quattordici mesi. Dopo aver ottenuto il sequestro di beni e crediti dal gruppo milanese grazie al gip e al Riesame di Napoli (giugno-luglio 2007), è arrivato nella primavera scorsa lo stop della Corte di Cassazione a sezioni riunite. I giudici capitolini hanno disposto il rinvio ad un’altra udienza del Riesame, con un’indicazione di fondo: verificare se ci sono attività lecite, quindi un profitto legittimo, nel lavoro svolto da Impregilo (Fibe, Fibe Campania, Fisia, Italimpianti) in Campania, per poi riquantificare il sequestro. Due giorni fa, il colpo di scena, che assegna un round probabilmente decisivo alla difesa (avvocati Alfonso Maria Stile e Paolo Siniscalchi) con il dissequestro dei milioni congelati 14 mesi fa. Sulle motivazioni adottate dall’ultimo pronunciamento del Riesame, la Procura però non ci sta. Un punto su tutti fa scattare i nervi degli inquirenti: secondo il Riesame, non c’è stata distinzione tra attività lecite e illecite, di qui il dissequestro dei beni. Facile intuire la posizione dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, nel probabile ricorso da definire con il procuratore Giovandomenico Lepore e con l’aggiunto Aldo De Chiara: spetta al Riesame, non ai pm, lo studio degli atti e la distinzione tra i proventi della truffa e quelli ricavati dalle prestazioni fornite. Doveva essere il Riesame, non la Procura, a distinguere i due ambiti, nel ragionamento dell’accusa. Altro punto controverso, il rapporto truffa-profitto illecito. L’altro giorno, il Riesame ha infatti fissato un’equazione difficile da ingoiare: se non c’è profitto illecito non c’è truffa. Argomento che rischia di entrare nel processo a carico degli ex vertici Impregilo e Fibe (Piergiorgio Romiti e Armando Cattaneo), imputati con il governatore Antonio Bassolino. Una posizione che - a giudizio della Procura - è andata oltre le direttive della Cassazione. Tanto che i pm napoletani, avevano depositato un dossier d’accusa in cui si parlava esplicitamente di «giudicato cautelare cristallizzato» in Cassazione sulla presunta condotta truffaldina. Stando alla Procura, dunque, la truffa c’è, tanto da condizionare tutta l’attività di Impregilo in Campania: «La sussitenza di condotte artificiose dirette a dissimulare ab origine una gestione del ciclo rifiuti non conforme al contratto consentono di escludere con certezza che vi siano state prestazioni geneticamente e funzionalmente lecite». Un dossier già scritto destinato a rinforzare l’ultima mossa dei pm sul caso Impregilo.

 

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