IL RETROSCENA. Già otto anni fa una commissione parlamentare ne accertò l'arrivo a Pianura. Un disastro ancora da quantificare

Anche i fanghi dell'Acna di Cengio tra i veleni sepolti sotto quella collina

22 gennaio 2008 - Carlo Bonini
Fonte: La Repubblica

QUALI veleni nasconde Pianura? E quei veleni che storia e quali responsabilità raccontano? Perché, per dodici anni, di quella discarica nessuno ha più voluto sentir parlare? Massimo Scalia è tornato a insegnare Fisica all'università di Roma "La Sapienza". È stato parlamentare dei Verdi. Tra il 1998 e il 2000 ha presieduto la commissione di inchiesta sui rifiuti. Di quel che sa, la politica sembra possa fare volentieri a meno.

Dice: "Otto anni fa, nel nostro lavoro di indagine, accertammo in modo incontrovertibile che a Pianura erano finiti sicuramente i fanghi velenosi dell'Acna di Cengio. Un quantitativo rilevante, che purtroppo non riuscimmo a definire con esattezza perché buona parte della documentazione che riguardava i trasporti o era andata distrutta o era incompleta. Quei fanghi, ovviamente, sono ancora lì, a Pianura. E se nessuno metterà mano continueranno ad avvelenare la terra e l'acqua. Per sempre".

L'Azienda Coloranti Nazionali e Affini (Acna) di Cengio (Savona), la devastazione del fiume Bormida e l'aspetto lunare della sua valle, sono da almeno dieci lustri la metafora dell'omicidio volontario dell'ambiente per mano dell'uomo. Ne scriveva già Beppe Fenoglio - "Hai mai visto Bormida? Ha l'acqua color del sangue raggrumato, che ti mette freddo nel midollo. Sulle sue rive non cresce più un filo d'erba" - ma fu solo il 23 luglio dell'88, quando dalle sue ciminiere si liberò una nube di anidride solforosa, che l'Italia comprese. L'Acna andava chiusa e, soprattutto, andava in qualche modo aggredita la montagna di veleni che aveva prodotto. Napoli, evidentemente, era un'eccellente pattumiera.

Stefano Leoni è stato fino al 2005 commissario speciale per la bonifica dell'Acna. In sei anni, ha liberato la val Bormida da 300 mila metri cubi di sali sodici. Ha avviato e stoccato nelle miniere di sale abbandonate di Halle (Germania Est) 250 mila tonnellate di fanghi velenosi. Ha accertato che nelle viscere di quella sciagurata terra, restano 3 milioni e mezzo di metri cubi di peci nocive.
acconta: "Se dovessi dire cosa c'era all'Acna quando siamo arrivati nel '99, farei prima a dire cosa mancava. La fabbrica aveva prodotto per decenni prima esplosivi, quindi vernici. Inventariammo qualcosa come 280 categorie di composti chimici. Le classi di sostanze venefiche che rilevammo erano praticamente al completo. E delle più pericolose: diossine; ammine (composti organici derivanti dall'ammoniaca e contenenti azoto, ndr); composti dello zolfo, del cianuro. Purtroppo non riuscimmo ad accertare cosa era stato portato via prima del nostro arrivo. E dove. Sentimmo di fanghi trasferiti in Campania, incredibilmente a bordo di camion. Addirittura di navi fatte affondare".

Nicola de Ruggiero, assessore all'ambiente della Regione Piemonte, sembra saperne di più. Non più tardi di una settimana fa, intervenendo in consiglio per sollecitare un voto favorevole ad accogliere una quota di rifiuti campani, dice: "Esiste da sempre una forza centrifuga che spinge i rifiuti fuori dalla Campania, mentre i tossico-nocivi, forse per particolari margini di legalità in quell'area, hanno un percorso inverso. A Pianura sono arrivate almeno 800 mila tonnellate dei rifiuti di Cengio, azienda per noi emblematica del disastro ambientale causato dal Piemonte".

Scalia insiste. "Ribadisco che un dato così esatto non è possibile formularlo. Ma questo non toglie che a Pianura i fanghi di Cengio siano arrivati". Anche perché, forse, non fu neppure necessario nasconderli.

Paolo Russo (Forza Italia) ha presieduto nella scorsa legislatura la commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti. Dice: "Tra il 1988 e il 1991, l'allora amministrazione della Provincia di Napoli autorizzò tutte le discariche del napoletano regolarmente censite ad accogliere rifiuti assimilati fuori regione. 1988-1991. Mi pare che con le date ci siamo. L'Acna è dell'88. La chiusura di Pianura è del 1996. E, dieci anni fa, quell'immenso cratere da 8 milioni di tonnellate di capienza, era evidentemente considerato un pozzo senza fondo in cui poter scaricare di tutto".

La commissione presieduta da Russo sul ciglio di Pianura non si è mai affacciata. "Non ne abbiamo avuto modo e, diciamo pure, nessuno ci ha sollecitato a farlo. Era considerata una storia chiusa. Finita. Si parlava di un campo da golf". Nessuno pensò fosse neppure necessario bonificarla. Anche perché, come ricorda Russo, non più tardi di quattro anni fa, "la società che gestiva i terreni della ex discarica, risultava sottoposta a interdizione perché non in regola con la normativa antimafia".

La camorra, dunque. Ma anche l'inerzia degli addetti e degli amministratori locali, che a Pianura hanno condotto nel tempo solo carotaggi superficiali. Le sonde non sono mai state spinte oltre i 20 metri di profondità. Oltre la soglia necessaria a pescare nei fanghi velenosi di Cengio. Ad accertare cosa diavolo si sia stratificato nel cratere in quarant'anni di attività.

Se per negligenza o per dolo, questo, forse, lo accerterà l'inchiesta della Procura di Napoli. È un fatto che pensare di lasciare Pianura così com'è, annunci soltanto un nuovo disastro ambientale. Leoni ne sa qualcosa: "Pianura va assolutamente messa in sicurezza. Isolata e quindi bonificata. Sicuramente, sarebbe meglio non muovere una sola zolla del suo terreno. Anche perché aggiungere nuova pressione sull'invaso, qualunque sia il tipo di materiale scaricato, anche solo delle ecoballe, potrebbe produrre improvvisi cambi di pressione interna, alterare gli equilibri di quel che è lì sotto. Noi lo abbiamo imparato a Cengio. Quando arrivammo al cuore dei fanghi, realizzammo che l'unica cosa da fare era richiudere e procedere a una perimetrazione che rendesse impermeabile quel pozzo di veleni".

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