Lungomare, ecco la discarica sommersa
Il mare di Pozzuoli ha restituito un’intera fila di poltroncine da cinema e un carrello del supermercato. La scogliera di via Caracciolo portafogli vuoti in quantità e un tappeto di siringhe e preservativi. I fondali della Beata Venere a Bacoli hanno regalato lavandini, bidet e gabinetti, quelli di Monte di Procida batterie esauste, e avanzi di vecchie reti da pesca. Proprio come i resti riconsegnati dal Bosforo in una pagina memorabile de «Il libro nero» del premio Nobel Orhan Pamuk i rifiuti arrivati dal mare ci raccontano frammenti di vita. E di malavita. Ci restituiscono le lacrime degli anziani borseggiati sui tram, la disperazione dei buchi solitari, la fretta degli amori clandestini, la rapacità degli imprenditori che spargono veleni. E ci consegnano cifre da brivido. I 270 volontari chiamati a raccolta della protezione civile hanno recuperato in tre giorni circa cinquanta tonnellate di rifiuti: 800 chili di batterie esauste, 6 tonnellate di ingombranti, 35 tonnellate di rifiuti solidi urbani, 12 di vetro, alluminio e plastica leggera intervenendo in quattro zone limitate. L’operazione, infatti, si è concentrata sul lungomare Caracciolo a Napoli, sul porto piccolo di Pozzuoli, sulla spiaggia della Beata Venere di Bacoli e sul litorale di Monte di Procida. I volontari sono scesi in campo con l’aiuto dell’esercito, dei vigili del fuoco, delle associazioni dei subaquei, delle capitanerie di porto, della polizia tenitenziaria (che ha fornito un gommone e una motovedetta) degli enti locali e dell’Asia. Da giovedì hanno scandagliato fondali e ripulito scogliere e arenili. E ora andranno avanti. Spiega Agostino Miozzo, capo del settore volontariato della protezione civile che ha coordinato l’intervento: «Nel nostro Paese ci sono tante zone meravigliose, ma trascurate che meritano un intervento massiccio. Da quando abbiamo lanciato l’iniziativa abbiamo ricevuto tante richieste a cominciare dal parco del Vesuvio, dal Cilento, da Paestum, tanto per fare qualche esempio. Perciò non ci fermeremo qui». Se i dati ci mostrano una situazione preoccupante (anche perché molti dei rifiuti recuperati, a cominciare dalle batterie esauste passando per le reti da letti e gli pneumatici, sono altamente inquinanti), la partecipazione all’iniziativa offre qualche motivo di conforto. «I volontari hanno risposto in massa al nostro appello - racocnta Miozzo - Ma anche la gente di Napoli e di tutte le altre località che abbiamo toccato, hanno voluto collaborare attivamente. Quando siamo andati a pulire la spiaggia della Rotonda Diaz, ad esempio, i ragazzini hanno usato i loro retini da pesca per riportare a galla bicchieri e bottiglie di plastica. E abbiamo visto anche donne anziane prendere in mano il rastrello per aiutarci». La inquientante follia di una città che dissipa il proprio futuro si è accompagnata così ancora una volta alla generosità di chi vorrebbe ricostruirla. La sfida continua.