Nell’area Est è rivolta «No all’inceneritore»
Se non vi siete persi, ci sono solo due motivi per venire a via De Roberto, strada a due piani, cupo budello in stile peggiore Bronx, sotto il raccordo autostradale che porta a Pomigliano e oltre. Di giorno trovate pezzi di ricambio nelle baracche degli autodemolitori, di notte prostitute africane. Significa che puntate sul nero, quello della pelle e dell’olio spurgato, sparso dovunque. Se avete qualche reminiscenza liceale, capite che di peggio può esserci solo l’«arzanà de’ Viniziani» di Dante. Perché dovunque aleggia una puzza da girone infernale, un fiéto che somiglia a quello del letame equino che ti stordisce dopo cinque minuti. Arriva dalle vasche del depuratore, piene di liquidi innominabili. Rottweiler a fare la guardia alle baracche di lamiera, come cerberi guardinghi e mai sazi. Rampe che portano in nessun luogo, ridotte a discariche di cruscotti, sedili, gomme, serbatoi, pezzi di veicoli che riconoscerebbe solo il vostro meccanico. Tutto sparso come concime di un futuro sterile. Il vomito di uno scasso quotidiano. Perché ’sta roba non la raccoglie nessuno, neanche gli zingari, locuste dell’entropia consumista. Siamo dentro una delle tante cattive coscienze di Napoli. Un intestino postatomico. È Ponticelli, ma potrebbe essere una qualunque delle periferie di Napoli dove il gioco dell’oca delle discariche e dell’inceneritore fa spostare la protesta, l’obiettivo dei fotografi, i proclami dei politici, la voglia di normalità di una città tormentata. Qui, con molta probabilità sorgerà l’inceneritore, proprio accanto al depuratore. Nessuno lo vuole e qualcuno lo avrà. Tutt’attorno case che i colori, a volte sgargianti (turchese, giallo, rosso pompeiano), non sottraggono all’anonimato di geometri condonati. Nella zona ci abiteranno un migliaio di famiglie. Per lo più sono contadini quelli che vivono qui, soprattutto a via Galeone. Un tempo era un sentiero che menava a via Argine, ora è un susseguirsi di case di due o tre piani, circondate da orti e serre, dove coltivano ortaggi e verdure. Potrebbe essere un luogo arcadico, per sentire il profumo di melanzane e basilico o dei pomodori tagliati e messi a seccare. «Una volta c’era l’odore di campagna» racconta Salvatore D’Ambrosio, 72 anni, pensionato. Commerciava in prodotti agricoli. Ora lo fanno i figli. E abitano tutti là, da sempre, in due palazzine proprio all’incrocio con via De Roberto. «Ora che il vento butta dall’altra parte, verso il Centro Direzionale, la puzza non la sentiamo» continua mentre ci fa salire sul terrazzo di uno degli appartamenti che affaccia direttamente sull’ingresso del depuratore. «Ma quando gira di qua, dobbiamo tapparci in casa e schiattare dal caldo. E ora ci portano pure l’inceneritore. Tutto qui, come se non fossimo pure noi cittadini italiani». Gli fa eco una donna della famiglia: «Hanno già avvelenato tutto. I peperoni crescono amari, le zucche sciape, non sanno più di niente». Forse fanno anche male. Il «cocozziello» si sa punisce sempre l’ortolano. I discorsi finiscono tutti nello stesso vicolo cieco. La sindrome «nimby» (dovunque, ma non nel mio cortile), qui la si avverte fuor di metafora. «È una zona dove l’impatto ambientale di alcune scelte amministrative fatte negli ultimi anni sono state devastanti» spiega Antonio Grieco, che abita anche lui a via Galeone. Le parole sa misurarle: ha uno studio di progettazione, ma soprattutto è il capogruppo di Forza Italia alla Municipalità. Qui c’è nato, c’è cresciuto e ci vive. Ed è lui ad annunciare proteste: «Se la decisione sarà ufficiale, con il mio gruppo ci organizzeremo per ostacolare quest’iniziativa con tutti gli strumenti a disposizione. Ci faremo sentire». Non siamo alle barricate, ma quasi. E da queste parti qualcosa ne sanno. Dieci mesi fa volarono manganellate contro chi si opponeva allo scarico di monnezza, di tal quale, negli spazi del depuratore. «E ancora là sta. Ci dissero che l’avrebbero tolta dopo pochi mesi. Prima o poi il percolato inquinerà la falda acquifera che a Ponticelli è molto vicina al suolo». L’inceneritore rischia di dare il colpo di grazia a tutta la zona. «Eppure Ponticelli poteva essere il fiore all’occhiello della città, con produzioni agricole fatte in modo tradizionale». E invece? «Si guardi attorno. Non c’è solo il depuratore, più in là ci sono le ex-raffinerie, le baracche degli autodemolitori». In passato s’era parlato di costruire l’acquario o anche dei semplici parchi-giochi. Nel libro dei sogni di Napoli ogni giorno si scrive un capitolo nuovo. Ci pensa poi la realtà a mandarli allo scasso.