La bufala delle discariche e le mine di Ferrandelle

Viaggio tra i siti prescelti dal supercommissario. «Niente nomi, ma tra i rifiuti si producono mozzarelle». E un terreno deve essere sminato prima di costruire il nuovo inceneritore
2 febbraio 2008 - Francesco Pilla
Fonte: Il Manifesto

Appena due settimane dopo che Sandokan Schiavone gli aveva estorto Ferrandelle, un terreno di coltivazioni, frutteti e con centinaia di bufale, Michele Di Foggia muore d'infarto. A Casal Di Principe, Capua, Santa Maria La Fossa si diffonde la leggenda, il «colono» è morto di crepacuore, quella terra è maledetta. Nel '98 Sandokan, il re di Casale, viene arrestato, il possedimento finisce confiscato già nel '96, oggi è per i due terzi proprietà del ministero della Difesa. Per il supercommissario Gianni De Gennaro è il via libera a una delle «pattumiere» capaci di raccogliere 350mila tonnellate di immondizia e porre un argine al disastro campano. Ieri De Gennaro l'ha confermato: «Sarà pronto a giorni».
Nei possedimenti dei Casalesi
Piove a dirotto al presidio contro la discarica. Del falò acceso dai manifestanti per riscaldarsi non è rimasto che un mucchio di legna bagnata tra la cenere. Contadini e allevatori protestano da domenica. Giovedì dopo alcuni tafferugli con le forze dell'ordine una donna è finita in ospedale. Ieri alle prime luci dell'alba un nuovo confronto al blocco sulla provinciale di via Vicaria. Il bilancio è stato di alcuni contusi. Per tutta la giornata sono continuati i blocchi all'accesso del sito e la prefettura teme per i disordini nei prossimi giorni.
Questa è terra di nessuno, cuore dell'antistato, fatto di casali e fattorie. Terra rurale, dove i coltivatori, i mandriani se hanno una controversia tra loro invece di rivolgersi al giudice, vanno diritti dal capo, il boss. Oggi lo stato arriva solo per portare altra immondizia. Ferrandelle è infatti considerato uno dei siti sicuri per De Gennaro, quello che insieme a Serre pesa di più per risolvere l'emergenza. D'altra parte queste praterie sono già il polo d'eccellenza dell'immondizia, possono accoglierne a iosa. Tant'è. Fianco a fianco, tra un campo di broccoli e un'impresa bufalina, si avvicendano tre discariche, un deposito di ecoballe, due siti di trasferenza, un impianto di compostaggio in costruzione, Ferrandelle appunto e a venire, nel futuro prossimo, il terzo inceneritore della Campania. «Questa è un'area a rischio - spiega un uomo del presidio - siamo pieni di rifiuti. La gente si ammala. Non ne vogliamo altri». Gli fa eco un anziano: «Noi non siamo camorristi, se volete trovare i delinquenti stanno alla regione, quelli grandi a Roma». Eppure da queste parti se chiedi il nome di un'impresa, di un agricoltore, o se anche provi a informarti sull'identità degli uomini e delle donne con cui interloquisci trovi solo silenzi e voltaspalle. Paura atavica. In queste campagne non ci sono mezze misure, o paghi il pizzo o lo riscuoti. Per decenni i clan hanno accumulato possedimenti da un lato e li hanno avvelenati con i rifiuti tossici dall'altro.
Rifiuti e mozzarelle: polo d'eccellenza
Arrivando dalla provinciale, dopo una strada disseminata di piccole discariche, dopo cumuli di gomme, chili di frutta macera, bombole, roghi sospetti, svettano per bellezza le torri gemelle di Casale. Due collinette, verdi e marroni, si chiamano Parco Saurino I e II. Un mucchio compatto di rifiuti per due milioni di metri cubi, sequestrate perché hanno raccolto per anni la spazzatura della regione, ma senza protezioni per il percolato. Liquidi altamente tossici che penetrati nel terreno hanno concimato e nutrito le campagne circostanti. Qui non c'è stata mai nessuna bonifica.
Sulla stessa linea d'area, il sito per le ecoballe non a norma della Fibe: 90mila metri quadri, dove dal 2005 sono depositate e impacchettate tonnellate di rifiuti. Aspettano di trovare un inceneritore disponibile a ingoiare il materiale non differenziato, o meglio come prescriverebbe la legge, una cava per riposare in pace. A poche centinaia di metri eccolo il bellissimo rudere di un'antica masseria casearia, un allevamento con 1500 bufale, un'impresa di bitume e infine una montagna di 18 metri, 200mila metri quadri e tre milioni di metri cubi di immondizia sorvegliata da un grosso rottweiler. E' Maruzzella l'altra megadiscarica che ha fagocitato monnezza «talquale» per 10 anni. Ora è in fase «calante», è iniziata la bonifica e il biogas prodotto alimenta l'energia di un paese vicino, San Tammaro. Ma non è finita finché non è finita. Ai suoi fianchi sono sorti due siti di trasferenza. Rifiuti a cielo aperto fermi da mesi, causa emergenza. Si tratta di quelle tonnellate che dovrebbero finire nel cdr, chiuso, di Santa Maria La Fossa. Da lontano si vedono anche lunghe file ordinate di piccole sagome bianche. E' la mensa per centinaia di gabbiani. Arrivano dal mare e volano per almeno 30 chilometri, fanno rifornimento e tornano indietro. Questa è l'area fertile dei campi di mais e foraggio, ma anche dei pascoli, delle bufale che producono la mozzarella dop casertana. Quella esportata in mezzo mondo.
L'inceneritore da sminare
A Ferrandelle, tra le rovine dei casali abbandonati, le ruspe lavorano a pieno ritmo. Spianano e impermeabilizzano. «A giorni sverseranno i primi camion - spiega un agricoltore del presidio - noi abbiamo chiesto che almeno sia utilizzato solo per i rifiuti di Caserta. Ma ci arriverà di tutto». Il possedimento si perde a vista d'occhio, al confine si arriva nell'area prevista per la costruzione del terzo inceneritore regionale. Per il momento c'è solo la tabella della Regione Campania. «Questa zona non è ancora stata bonificata - spiega Antonio Di Castello del comitato allarme rifiuti di Capua - in passato c'era una ditta per lo sminamento dei terreni. Il proprietario ci ha seppellito centinaia di bombe. Da queste parti lo sanno tutti, anche i bambini. Non c'è recinzione, né protezione. Sembra assurdo, ma siamo nella repubblica dell'antistato».

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