Il pentito Vassallo:«Dalla Regione permessi vaghi, ne approfittavamo all'infinito»

Scorie tossiche con l'«autorizzazione»

Operazione della Dda: sequestrati 8 sversatoi tra Napoli e Caserta; 17 gli indagati, cè anche il boss Bidognetti
19 luglio 2008 - Titti Beneduce
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
La scandalosa speculazione della camorra sui rifiuti è stata possibile anche grazie alla superficialità della Regione, forse casuale, forse no.
Emerge dall'inchiesta di polizia e Guardia di Finanza che ieri ha portato al sequestro di otto discariche abusive nel Giuglianese e nel Casertano. Quali veleni abbiano inghiottito per anni quei terreni lo ha raccontato l'imprenditore prima colluso con i casalesi e poi pentito Gaetano Vassallo, che con i suoi nove fratelli ha accumulato un patrimonio da capogiro. Diciassette gli indagati per associazione mafiosa e disastro ambientale, tra cui il boss Francesco Bidognetti, ma la sensazione è che non finisca qui. La Regione, dunque, aveva un approccio quantomeno superficiale con le discariche. Quando rilasciava le autorizzazioni, si limitava a indicare genericamente le località, senza specificare le particelle catastali. Risultato: nascevano, uno accanto all'altro, nella stessa località, decine di nuovi sversatoi, tutti abusivi. Ecco che cosa ha raccontato Vassallo l'8 aprile: «Nel 1988 venne autorizzato lo smaltimento in discarica di rifiuti solidi urbani e speciali. In realtà a quella data la discarica era già esaurita. Fruendo di una normale autorizzazione continuammo a sfruttare il sito, cominciando a smaltire i rifiuti fuori dall'invaso autorizzato, utilizzando altri invasi limitrofi che avevamo abusivamente realizzato. L'autorizzazione regionale parlava di una discarica sita in località Schiavi e non erano mai state individuate le particelle di riferimento, sicché era estremamente semplice sfruttare all'infinito quel sito. Tutte le discariche campane hanno con tale espediente continuato a smaltire in modo abusivo sfruttando autorizzazioni meramente cartolari ». Il 4 giugno l'imprenditore ha aggiunto: «L'interesse principale di tutti noi titolari di discariche era acquistare i terreni adiacenti agli invasi in modo da allargare continuamente le sponde e continuare all'infinito a sfruttarne l'invaso.
La totale assenza di controlli e le occasionali mazzette versate in occasione dei controlli garantivano il perpetuarsi all'infinito delle discariche. Vi erano poi forme corruttive indirette che garantivano lo stesso risultato, come ad esempio nel caso... ». E dall'omissis che segue partiranno forse i pm titolari dell'inchiesta (Giovanni Conzo, Raffaello Falcone, Alessandro Milita e Maria Cristina Ribera) per intaccare il livello più in alto, quello dei colletti bianchi. Le indagini sono delegate ad un pool di investigatori molto motivati e affiatati: la squadra mobile di Caserta, con i vicequestori Rodolfo Ruperti e Silvana Giusti, e la Guardia di Finanza di Mondragone, con il capitano Alessio Bifarini. Resta da chiarire anche come mai le bonifiche dei suoli avvelenati non siano mai cominciate, nonostante sia stato attivo per un lungo periodo l'apposito commissariato straordinario. Ieri, in conferenza stampa, il procuratore Lepore e l'aggiunto Roberti hanno rivolto un appello al ministro dell'Ambiente: «Le bonifiche sono urgenti, non si possono più rinviare».

 

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