Vassallo, l'imprenditore pentito: di notte file di Tir

«Vicino a quell’orrore i topi morivano subito»

In quattro anni smaltiti un miliardo di chili Business di 18 milioni reinvestiti in immobili Ma i soldi servivano anche ad ammorbidire i controlli
19 luglio 2008 - Lorenzo Calò
Fonte: Il Mattino

Più di un miliardo di chili di sostanze tossiche sversati abusivamente soltanto dall’89 al ’92 per un incasso di quasi 18 milioni di euro confluiti nei forzieri della camorra. Sono alcune delle cifre del business da brividi messo su facendo scempio del territorio, uccidendo giorno per giorno colture di pregio e bellezze naturali. È quello che raccontano i pentiti Mimì Bidognetti, Gaeteano Vassallo, Anna Carrino (ex compagna del boss dei Casalesi Francesco Bidognetti), Dario De Simone. Sversavano di tutto (fanghi industriali, amianto, fusti tossici, rifiuti ospedalieri, persino le ceneri spente della centrale termoelettrica Enel di Brindisi), fra Giugliano, Lusciano, Trentola e Ischitella; sversavano da ogni parte d’Italia, racconta Vassallo. Di notte arrivavano i tir dalle province di Verona, da mezza Toscana, dalla Liguria, dall’hinterland di Roma, dal Napoletano, dal Casertano. Un servizio rapido e collaudato in modo che - precisano i pentiti - quando in discarica giungevano i camion provenienti dai Comuni autorizzati, «era tutto finito. Il sistema dei rifiuti era direttamente gestito e controllato dalla criminalità organizzata - accusa Vassallo - Non era assolutamente possibile che una società non collegata o non indicata da uno dei clan potesse avere anche solo una piccola parte di lavoro. Il controllo del flusso era totale, non scappava niente». Tre le società leader nel settore, collegate ai casalesi e federate con i Mallardo di Giugliano: Ecologia 89, Novambiente, Setri (poi Resit). Un complesso intreccio disegnato dall’avvocato imprenditore Cipriano Chianese, ritenuto dagli inquirenti elemento di collegamento fra le varie anime del business. E passava di tutto, in quegli invasi, persino gli scarti industriali provenienti dall’Acna di Cengio: «Nella mia discarica - ricorda Vassallo - fu smaltito il corrispondente di 20 bilici per circa seimila quintali». Solo nel 2003 la società realizzò utili per sei milioni di euro: il 25 per cento con lo smaltimento di rifiuti extraregionali, il 75 per cento con la gestione dei flussi regionali. «Il rifiuto per chilo costava più dei pomodori», aveva detto già agli inquirenti Mimì Bidognetti alla fine dello scorso anno. «Dal consorzio Na1 - rivela Vassallo - ci fu concessa pure un’indennità di occupazione commisurata all’utilizzo dei mezzi: 850 mila euro sono stati incassati da mio fratello Nicola, ma deve essere pagata una seconda tranche di un milione e mezzo di euro». Gli utili venivano reinvestiti in attività immobiliari e in parte servivano anche a sostenere le spese (leggi stipendi) del clan. E poi, un sistema parallelo per «ammorbidire i controlli» e per mettere a tacere realtà da film horror. Come i rifiuti spediti dalla Cyba Geigy, azienda farmaceutica di Castellammare di Stabia: «Dicevano che il materiale conferito era idoneo alla produzione di legumi ma sulla terra dove veniva smaltito il rifiuto - racconta Vassallo - non ho mai visto nascere alcuna frutta o ortaggio. I rifiuti liquidi erano talmente inquinanti che quando venivano sversati producevano la morte immediata di tutti i ratti. Ricordo altresì che i rifiuti della Meridional Bulloni, quando giungevano con cisterne speciali in acciaio inox anticorrosive, friggevano e scioglievano persino i rifiuti in plastica».

 

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