Centrale del Garigliano bonifica entro dieci anni
I primi striscioni sono comparsi ieri mattina a colorare di giallo la sagoma della centrale del Garigliano. «Mai più nucleare», l’appello no nuke lanciato dagli attivisti di Goletta Verde di Legambiente, che segue di qualche giorno un analogo blitz compiuto davanti al sito di Latina. È, insomma, la risposta dei gruppi ambientalisti alla politica energetica del governo tesa a riaprire la discussione sull’utilizzo del nucleare e a riconsiderare la scelta anti-atomo sancita dal referendum dell’87. Certo, i tempi sono cambiati, il prezzo in salita del greggio spaventa e le opzioni di politica energetica di mezza Europa vanno tutte in direzione dell’impiego di un nucleare sicuro. Ma gli ambientalisti fanno quadrato e ieri, evidenzia una nota di Goletta Verde, hanno ribadito «un no al nucleare pronunciato in un luogo che è, per l’Italia tutta, emblema dei rischi ambientali e dei pericoli per la salute pubblica connaturati alle centrali nucleari. Dal 1963 al 1982, rispettivamente l’anno di entrata in funzione e l’anno di cessazione attività della centrale del Garigliano, si contano diversi incidenti con fuoriuscite di liquidi contaminanti in mare». Il riferimento è all’incidente del dicembre 1976 – con analoghe repliche nel ’79 e nell’80 - quando l’acqua del fiume penetrò nel deposito di stoccaggio delle scorie radioattive della centrale e, ritirandosi, «si portò via oltre un milione di litri di acqua contaminata provenienti dal sistema di purificazione del reattore e li risversò nel letto del fiume, quindi nella campagna circostante e in mare. Sono comprovati sversamenti in mare di Cesio-137 e Cobalto-60. Secondo l’Istat, poi, nella piana del Garigliano il tasso di mortalità per leucemia e cancro è sei volte più alto rispetto a quello del Lazio». Scenario da apocalisse. Ma almeno due buone notizie ci sono: l’ultimo sopralluogo tecnico del ministero ha dichiarato inidoneo il sito del Garigliano escludendo quindi la possibilità che la zona possa essere utilizzata per un nuovo insediamento; e poi, assicura la Sogin (la società che gestisce gli impianti nucleari in dismissione in Italia), l’attività di decommissioning va avanti. Anzi, nei piani dell’azienda c’è proprio la necessità di imprimere una forte accelerazione alle operazioni di smaltimento delle scorie e messa in sicurezza del sito. Basti pensare che al 31 dicembre 2007 era stato completato per la centrale del Garigliano appena il 7 per cento dell’iter; percorso che Sogin intende portare al 36 per cento entro il 2011 per concludere le operazioni entro il 2019, con due anni di anticipo rispetto al cronoprogramma stabilito nel 2004. «È il segno del cambio di marcia impresso negli ultimi 15 mesi - spiegano dalla società - un atteggiamento che passa anche attraverso una comunicazione più trasparente e un dialogo costante con le comunità locali».