A Napoli cresce solo l'immondizia
L'unico che è riuscito a fermare l'onda nera è stato padre Pio. A Boscoreale, uno dei comuni dell'hinterland napoletano, dove più drammatica è la situazione dei rifiuti, lo hanno fatto scendere in campo. Una grande statua del Santo da Pietrelcina è stata piazzata davanti all'ingresso di un supermercato, che rischiava di venire sbarrato dalla montagna crescente di sacchetti non raccolti. E il frate con le stimmate ha fatto il miracolo: la devozione popolare ha dirottato altrove lo scarico dell'immondizia.
Ma ci vorrà altro per riportare la normalità in una regione dove da sei mesi manca qualunque forma regolare di raccolta della spazzatura. E dove si rischia una ennesima crisi, resa ancora più terribile dalle temperature desertiche che oltre alla puzza potrebbero scatenare anche seri problemi sanitari. Il sottosegretario Guido Bertolaso parla di 20 mila tonnellate di immondizia lungo le strade della regione. Ma le cifre ufficiali sono le stesse ormai da tre settimane. In realtà, sono molti a ritenere che la monnezza abbandonata sotto il sole sia almeno il triplo, se non di più. Senza contare quei rifiuti stipati nei siti di stoccaggio provvisorio, che dovevano trovare una sistemazione definitiva entro l'estate: bombe ambientali, custodite a ridosso delle zone abitate, di cui si fatica anche a censire la quantità.
L'ottimismo del governo si è dissolto il 24 giugno, proprio quando per la prima volta la missione sembrava possibile. La prospettiva era in discesa: la discarica di Macchia Soprana a Serre avrebbe continuato ad accogliere circa 100 mila tonnellate prima dell'entrata in funzione di Chiaiano. In più si poteva contare su Savignano Irpino e Sant'Arcangelo Trimonte e sui treni per la Germania: quanto bastava per azzerare i conti con il passato e poco alla volta disinnescare gli stoccaggi provvisori.
Ma a Serre una delle pareti del mega-immondezzaio ha cominciato a cedere, minacciando il crollo e costringendo Bertolaso alla chiusura. Un contrappasso: Bertolaso si dimise un anno fa proprio protestando contro la scelta di quel sito, voluto dal ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio. E così tutta la regione è tornata in profonda emergenza, con lo spettro nero e asfissiante di una montagna di sacchi tale da sommergere le promesse del governo. "Siamo costretti a fare due passi avanti e uno indietro", ha commentato il generale Franco Giannini: "Serre inglobava 2.500 tonnellate di rifiuti al giorno, contro le 2 mila di Savignano e le 1.300 di Sant'Arcangelo".
I conti sono semplici. In Campania si producono quotidianamente almeno 7 mila tonnellate di rifiuti non differenziati. Sant'Arcangelo e Savignano possono arrivare a inghiottirne al massimo 5 mila, obbligando ad accettare le code dei camion provenienti dalla metropoli partenopea. In Germania vanno circa mille tonnellate al giorno, ma il contratto tedesco scade a fine luglio. Rimane un buco nero di almeno mille tonnellate, sparse nelle strade che tra Napoli e Caserta si stanno trasformando in lunghissime maree di sacchetti. Per adesso, non c'è speranza di trovare nuovi siti provvisori né di svuotare quelli colmi da gennaio. E qualunque protesta popolare rischia di bloccare anche questo fragile equilibrio, facendo tracimare l'immondizia nei centri storici.
La questione ha un peso politico fondamentale per la credibilità del nuovo esecutivo. E lo dimostra l'impegno personale del premier, che ogni settimana cala a Napoli. Il 27 marzo, pochi giorni prima del voto, Berlusconi aveva promesso: "Se non riuscirò a portare Napoli e la Campania alla loro bellezza entro due, massimo tre mesi, quella immondizia lì sarà colpa mia". Un mese fa, davanti ai giovani industriali di Santa Margherita Ligure si era ripetuto: "Entro luglio le strade di Napoli saranno sgombre". Poi martedì 1 luglio ha ribadito: "Pulizia entro fine mese".
Una sconfitta ora potrebbe diventare una disfatta per tutto il centrodestra. Ma l'unica soluzione rapida è quella di esportare quante più tonnellate. Ecco l'appello che costringe persino Umberto Bossi a rivedere vecchi veti, ma fa infuriare la base leghista. Bertolaso ha chiesto che le altre regioni si facciano carico di almeno 20 mila tonnellate. In Lombardia potrebbero finirne circa 6 mila, ma si punta soprattutto agli impianti privati della vicina Puglia che potrebbero assorbire gran parte dell'ondata. Salvo blocchi della cittadinanza: ai vecchi sospetti sulle scorie tossiche si è aggiunta la paura concreta per i carichi radioattivi: i militari in Campania ne hanno scoperti sei in due settimane, quasi sempre residui ospedalieri.
Oltre a cercare di far ripartire il Giro d'Italia dei sacchi neri, il sottosegretario vorrebbe far risorgere gli impianti Cdr: quelli che trasformano la spazzatura in ecoballe. Sono mostri da sempre fuorilegge: non riciclano l'immondizia in combustibile ecologico e sono privi di qualunque certificazione. Adesso li hanno militarizzati: gli operai dipendono dai graduati dell'Esercito. Ma sono fermi, utilizzati di fatto come magazzini di ecoballe: pieni fini all'orlo di rotoli da 1.400 chili. Ce ne sono 60 mila, accatastati nei piazzali e nei capannoni.
Entro due settimane Bertolaso spera di spostarli a Giugliano, nel sito di Taverna del Re dove ne sono già parcheggiate 2 milioni e mezzo. Quel comune doveva essere off limits: il sindaco Giovanni Pianese di Forza Italia, due mesi fa giurava: "Mi dimetterò alla prima balla che ci manderanno". Adesso invece parla di "accordo vantaggioso": altre 80 mila tonnellate in cambio di fondi per la bonifica e di una centrale fotovoltaica. Per trovare soluzioni ed evitare proteste il governo è pronto a tutto. Ma la situazione è veramente complessa. E la crisi innescata dal crollo di Serre potrebbe far rivedere anche i piani su Chiaiano, rendendo meno soft il suo utilizzo. Un problema al momento secondario: l'obiettivo è arrivare a Ferragosto senza esplosioni. La tensione è alle stelle. A parte gli ordigni lanciati a Chiaiano, gli episodi di esasperazione si moltiplicano e le rivolte contro la mancata raccolta dei sacchetti sono sempre più frequenti.
L'Esercito fa il possibile per rimuovere i sacchi mentre Berlusconi ha criticato gli spazzini del Comune di Napoli che "la domenica vanno al mare". Ma nelle ultime settimane ai soldati vanno anche compiti più d'immagine che di sostanza. Come per il presidio del cantiere dell'inceneritore di Acerra, che il governo conta di far partire entro aprile 2008. Sarà sempre la Fibe-Impregilo a completare l'impianto, perché intanto è scaduta l'interdizione imposta dalla procura. E mentre la normalità resta lontana, c'è già chi pensa al business miliardario della gestione di Acerra. Due per ora le pretendenti: la 2A2 di Brescia e i francesi di Veolia affiancati da un partner italiano, la Jacorossi Spa. La stessa azienda impegnata per la bonifica mai fatta del territorio campano. Insomma, cose da pazzi. E forse il ricorso agli psicologi volontari ipotizzato da Bertolaso non appare così fuori luogo.