Inceneritore, scontro con la star degli architetti
Le archistar piacciono al sindaco di Salerno. Mai avrebbe immaginato che sarebbe stato egli stesso a dover tradire una star dell’architettura mondiale dopo averla corteggiata. Il fattaccio è accaduto con Frank O. Gehry. De Luca era andato fino a Los Angeles, affrontando il primo volo aereo intercontinentale della sua vita, per invitarlo a progettare il termovalorizzatore cittadino, poi aveva deciso di ritirare la proposta. E Gehry ieri sul Corriere della Sera si è lamentato che a Salerno l’hanno snobbato dopo averlo usato «per farsi publicità». Il titolo della corrispondenza dall’America: «Amato a New York, snobbato a Salerno». Il sindaco chiude l’incidente spiegando che prima o poi l’architetto famoso per le forme organiche del museo Guggenheim di Bilbao, a Salerno qualcosa costruirà. Gehry chiedeva tempo per disegnare l’inceneritore e De Luca intanto lanciava una nuova gara chiedendo ai tre concessionari che s’erano proposti anche una firma internazionale per la parte architettonica dell’opera. Il tutto per arrivare ad un impianto funzionante entro due o tre anni. La vicenda. Era stato De Luca a pensare a Gehry (che non ha mai lavorato in Italia) quando ottenne l’incarico di commissario per la realizzazione dell’inceneritore cittadino. E volò in America. Ma un fitto scambio di lettere successive all’incontro chiarì che ci volevano almeno 36 mesi per completare l’opera e De Luca andava di fretta. A raccontare come andò la visita allo studio di Los Angeles dell’architetto è Alberto Di Lorenzo, principale artefice della stagione della nuova architettura a Salerno, con le grandi firme come Chipperfield per la cittadella giudiziaria, Zaha Hadid per la stazione marittima e Tobia Scarpa per il palasport.«I due si capirono subito - racconta Di Lorenzo - Gehry rimase perplesso perchè non si aspettava di dover fare un termovalorizzatore. Ma De Luca lo coinvolse emotivamente. Dopo l'ok dell'architetto, nelle bozze di contratto ci accorgemmo che i suoi tempi erano incongrui. Lui voleva almeno 36 mesi solo per il progetto: erano il periodo che noi prevedevamo per il completamento dell’intera opera». Il retroscena. Non se ne parla più? «Quando in venti giorni di contatti ci siamo accorti che ci volevano tre anni, gli abbiamo scritto spiegandogli che non avevamo il tempo. Senza chiudere le porte a nuove e future collaborazioni».