Terra dei fuochi, beni per 200 milioni resi agli imprenditori condannati per disastro ambientale. Le proteste: “La parola scandalo non basta”
Confisca annullata senza rinvio: il patrimonio di oltre 200 milioni di euro torna ai tre fratelli Pellini, condannati con sentenza definitiva per disastro ambientale e ritenuti tra i responsabili dell’inquinamento dell’area di Acerra nella cosiddetta Terra dei Fuochi. A deciderlo è stata la Corte di Cassazione che ha annullato il decreto emesso dalla Corte di appello di Napoli: i beni dovranno essere ora restituiti a Giovanni, Cuomo e Salvatore Pellini. Dure le proteste delle associazioni e degli attivisti che si battono per la legalità sul territorio: “Una ferita aperta al cuore”, hanno detto Libera e Legambiente. In Parlamento ha preso la parola il deputato M5s Cafiero De Raho chiedendo una informativa urgente al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Richiesta contestata dalla destra che lo ha accusato di voler “interferire con la giustizia”. Alle proteste si è associato l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa: “Usare la parola scandalo non basta”.
La sentenza – Alla Suprema Corte si erano rivolti i difensori dei tre imprenditori chiedendo di dichiarare l’inefficacia del decreto di confisca perché, sostenevano, “affetto da vizio di tardività”. Era stato il sostituto procuratore generale della Cassazione Luigi Giordano, nell’udienza tenuta a dicembre, a concludere per l’inefficacia del provvedimento con richiesta alla Corte di annullare la confisca dei beni ai fratelli Pellini. Il magistrato aveva dovuto constatare che il provvedimento di appello era arrivato con largo ritardo. Ed in effetti la stessa Corte d’Appello di Napoli, nel confermare a luglio scorso la confisca con rigetto contestuale delle istanze presentati dai legali dei Pellini, aveva ammesso che il relativo decreto era stato “depositato dopo la scadenza del termine di diciotto mesi“, che sarebbe iniziato a decorrere il 15 marzo 2019 (data in cui sono stati depositati i motivi di impugnazione della confisca di primo grado), ma che “la Corte ha esercitato e al tempo stesso esaurito la potestà decisionale in merito al provvedimento ablatorio”.
Le proteste – Contro la sentenza si sono espresse le associazioni e gli attivisti sul territorio. “È una ferita aperta al cuore della giustizia sociale e ambientale di questo Paese”, ha scritto in una nota il referente regionale di Libera, Mariano Di Palma. “Questi criminali,causa dei loro affari illegali, hanno inquinato e fatto ammalare donne, bambini e anziani. Siamo feriti dalla notizia di questa mattina e crediamo che bisogna trovare necessariamente una nuova strada per rendere giustizia ai nostri territori contro chi li ha devastati”. Per questo Libera si è appellata a Nordio: “Auspichiamo che il ministro della Giustizia si faccia carico di questa vicenda che ha dell’incredibile. Va trovata subito un’altra strada. Va risarcita un’intera comunità che sta pagando con la propria vita e sulla propria pelle gli affari criminali di questi imprenditori”. Stessa posizione anche di Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato di Legambiente: “E’ un’ulteriore ferita inferta a chi vive in territori devastati dai traffici illegali di rifiuti”. E ancora: “Al di là degli aspetti formali che hanno portato a questa decisione, si tratta di un’evidente ingiustizia a cui la stessa autorità giudiziaria dovrebbe cercare di porre rimedio, per non frustrare ulteriormente la fiducia nei confronti delle istituzioni da parte di chi attende da troppi anni la bonifica dei territori in cui vive, inquinati da ecocriminali e clan camorristici che hanno accumulato enormi profitti”.
Costa (M5s): “Usare la parola scandalo non basta” – Ha denunciato l’accaduto anche l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa: “Usare la parola scandalo non basta, mostrare tutta la rabbia che sale per l’ingiustizia non è sufficiente a spiegare ciò che stiamo provando tutti noi che con questa storia abbiamo combattuto per anni”. E ancora: “Il dissequestro avviene perché c’è stato un difetto nella trasmissione degli atti. Un ritardo che non ha spiegazioni. Ma dovrà darle il ministro della Giustizia Nordio: dovrà darle in Parlamento e a lui rivolgeremo un’interpellanza urgente. Chiederemo che gli ispettori facciano luce su questa vicenda opaca. Nessuna ombra dovrà permanere, nessun dubbio su connivenze e ritardi a orologeria”. “I fratelli Pellini sono stati condannati per disastro ambientale e riescono a riavere i proventi delle loro attività criminali. E’ un invito a continuare ad avvelenare il territorio. Cosa diremo adesso alle vittime della Terra dei Fuochi?”, si chiede polemicamente il deputato dei Verdi Francesco Emilio Borrelli. Vice presidente della commissione Ecomafie, Borelli è intervenuto più volte nell’aula del Parlamento per alzare l’attenzione dei ministri compenti proprio sul caso dei tre imprenditori di Acerra del settore rifiuti: “Cosa potremo mai dire alle vittime della Terra dei Fuochi? Coloro che li hanno avvelenati avranno indietro i frutti del loro attività criminali che invece sarebbero dovuti servire a risarcire le vittime e bonificare i territori”.