«Chianese mi disse: devi uccidere il pm Milita»
Il pentito, in videoconferenza, risponde alle domande del pm Milita. E gli rivela: «Cipriano Chianese mi chiese di ucciderla. Rifiutai perché costavo troppo». Francesco Della Corte, nel corso dell'udienza al tribunale di SantaMaria CapuaVetere del processo a carico di Nicola Cosentino, confessa così il proposito del clan di eliminare il mangistrato della Dda. Della Corte ha confermato, rispondendo in video-conferenza alle domande dello stesso Milita, una circostanza contenuta nell'ordinanza d ' arresto ese- guita alla fine del 2013 a carico di Chianese, ritenuto il principale artefice per conto dei Casalesi del traffico di rifiuti tossici dal Nord ai territori casertani e napoletani. Per questi fatti Cipriano Chianese è sotto processo a Napoli.
Stazza di cento chili, occhi verdi e un curriculum pieno di omicidi: questo è Francesco Della Corte, il killer del clan dei Casalesi che si è pentito nel 2010 e ieri ha riferito, durante il processo Eco 4 a carico dell'ex sottosegretario Nicola Cosentino (assente in aula), il nome del magistrato che nel 2006 avrebbe dovuto uccidere per conto del «rè delle ecomafie», Cipriano Chianese. Era il pubblico ministero Alessandro Milita della Dda di Napoli, colui che firmò la prima richiesta di arresto, otto anni fa, per il ricchissimo avvocato Chianese, fino ad allora gestore di una delle discariche più pericolose della regione, la Resit di Giugliano. Chianese era talmente ricco da potersi permettere un elicottero per i suoi spostamenti d'emergenza. Talmente spavaldo da pagare una celebre soubrette per il compleanno della figlia. Quel nome del magistrato finito nel mirino della camorra, però, a Della Corte proprio non gli era tornato alla mente il 28 luglio del2010, inuno dei primi interrogatori resi come collaboratore: «Lei mi chie de se io sia in grado di confermare che il magistrato era Franco Roberti o Alessandro Milita e io rispondo che non sono in grado di fornire questa precisazione». A tre anni e mezzo da quel faccia a faccia con gli inquirenti, Chianese è stato arrestato per la seconda volta sempre dal pm Milita - l'11 dicembre scorso - e il progetto di far fuori il magistrato è già venuto a galla un mese e mezzo fa dalla lettura dell'ordinanza. Ieri, però, nell'aula di giustizia del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il pentito è stato più preciso: «Tra il 2005 e il 2006 incontrai l'avvocato Chianese e mi chiese di ucciderla, dottor Milita, all'inizio non ricordavo il nome, però ricordo che Chianese mi disse: c'è un accanimento nei miei confronti, c'è astio. Mi offrì una somma, ma io non accettai perché volevo più soldi». Colpo di scena. Ma la sorpresa è durata poco perché ieri, dal racconto che ha fatto Della Corte, è emerso anche che nel 2009 - anno in cui il killer venne arrestato per aver ucciso Modestino Minutólo e Giovan Battista Papa e averli calati nudi in una buca profonda tré metri, poi otturata - parlò con un esponente della 'Ndrangheta calabrese, Salvatore Filippone, mafioso della locride rinchiuso con lui nel carcere di Carinóla. Filippone voleva far incontrare Cosentino con il suo avvocato, tale Monaco di Roma, per consegnargli un plico dadare a Silvio Berlusconi. «Era il periodo in cui si era creata la prima spaccatura tra Fini e Berlusconi - ha spiegato Della Corte - in cambio Cosentino avrebbe dovuto aiutarlo per vincere un ricorso contro la regione Campania per il pagamento di milioni di euro. Poi, però, io sono stato trasferito al 41 bis e non so come è andata a finire». Della Corte ha anche parlato dei rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia: «Era un affare che curavo io negli anni Novanta conunsocio.
Sono sempre stato interessato anche alla politica. Grazie al decreto 925 avevo messo in piedi una ditta che smaltiva rifiuti ospedalieri, ma so per certo che sostanze come il mercurio e le vernici venivano versati in dei bidoni e sotterrati a Cancello e Amone e Grazzanise». Proprio a Grazzanise, Cosentino, stando a Della Corte, si sarebbe occupato dell'apertura dell'aeroporto, ma anche dell'ampliamento del porto del villaggio Coppola, a Castel Volturno e del centro commerciale II Principe: «Me lo disse Nicola Schiavone - ha riferito - il figlio del boss Sandokan». Su quegli appalti la camorra avrebbe intascato dal 3 al 4%. «Co sentino per noi era il «sole nascente» della politica - ha concludo Della Corte - quando c'erano le elezioni era come una vendemmia, arrivavano i soldi da Casale e noi pagavamo le bollette ai cittadini che dovevano votarlo». Il pentito ha, in ultimo, aggiunto: «Le mie sono deduzioni, noi abbiamo sempre sostenuto Cosentino, l'ordine di votarlo giungeva dai figli del boss Bidognetti».