Il pentito: "Il clan Contini voleva gestire i rifiuti"
IL BOSS del Vasto Edoardo Contini «voleva che si sparassero o minacciassero alcuni spazzini per evitare che raccogliessero l' immondizia». Lo racconta l' ex capoclan di Secondigliano Salvatore Lo Russo, oggi collaboratore di giustizia, in un verbale allegato all' inchiesta sul riciclaggio che ha portato in carcere all' alba di mercoledì 90 indagati. I fatti si riferirebbero alla seconda metà degli anni 2000, durante una delle fasi più acute della crisi. Sostiene Lo Russo che fu un altro esponente di primissimo piano della camorra di Secondigliano, Vincenzo Licciardi detto "' o Chiatto", a parlagli di questo «affare». L' obiettivo, afferma il pentito, «era soltanto quello di intimorire alcuni dei dipendenti delle aziende che raccoglievano i rifiuti a Napoli, per consentire a Contini di entrare nell' affare della raccolta dei rifiuti con aziende a lui riferibili». Lo Russo aggiunge di aver «fatto commettere queste attività d' intimidazione, soprattutto al Vomero, ai Colli Aminei e al Rione Alto. Ma della vicenda - conclude - non sapemmo più nulla». L' inchiesta, condotta dai pm Marco Del Gaudio e Ida Teresi con il procuratore aggiunto Giovanni Melillo e seguita direttamente dai pm della Procura nazionale Filippo Beatrice e Francesco Curcio è in pieno svolgimento. Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, diretto dal colonnello Nicola Altiero, ha sequestrato nelle perquisizioni materiale di ingente valore e documentazione che dovrà essere esaminata. Gli interessi economici dell' organizzazione potrebbero essere addirittura più estesi di quanto non sia emerso fino ad oggi. Questo si evince ad esempio dai "pizzini" sequestrati in occasione dell' arresto a Casavatore che nel 2007 pose fine alla latitanza di Contini, bloccato dalla squadra mobile. Emergono infatti, rileva il gip Raffaele Piccirillo, «puntuali direttive in ordine a investimenti» diversificati fra strutture alberghiere, di ristorazione, parcheggi pubblici e compravendita di box auto. «L' analisi dei pizzini - rilevano ad esempio gli investigatori - ha permesso di riscontrare l' interesse per il rilascio di una concessione di parcheggio all' interno dell' ospedale san Giovanni Bosco», il presidio dove nel blitz sono state sequestrate le società che gestiscono le attività di ristorazione perché ritenute riconducibili a un affiliato al clan.