Nell'area destinata a verde urbano, nastri gialli avvertono i passanti del pericolo

Amianto al posto del parco della Marinella

Al centro della città, a pochi metri da Piazza Mercato, dai terminal dei traghetti e dalle Torri Aragonesi. Senza alcuna protezione
24 giugno 2008 - Stefano Piedimonte
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

In via Marina discarica di amanto a cielo aperto L'amianto sta qui, a portata di naso. Per respirarlo, non c'è mica bisogno di scomodare i pannelli di eternit nei bipiani di Ponticelli, l'Alenia di Casoria o le discariche abusive più fetenti della provincia. Sta qui, a via Marina, a due passi dalle Torri Aragonesi, da piazza Mercato, dal terminal dei traghetti a Porta di Massa, dall'ospedale Loreto Mare, nel cuore pulsante della città.
Nel parco della Marinella, cumuli di rifiuti circondati dal nastro giallo e nero con su scritto: «Attenzione, pericolo amianto». Un muretto di mezzo metro che separa il marciapiede dall'area recintata è la garanzia, per i passanti, che se c'è qualcosa di cancerogeno da respirare allora sì che entrerà su per il naso. Attezione a cosa, quindi? Cambiare strada: è l'unica soluzione. Ormai, non è il caso di meravigliarsi. Nel parco della Marinella, progetto da oltre tre milioni di euro cofinanziato con fondi europei e appeso al palo da diversi anni, nel 2006 ci trovarono il cadavere del diplomatico canadese Lewis Brooks Miskell, nel febbraio scorso quello di un ghanese ucciso a coltellate, e due giorni dopo uno stuolo di alici messe a essiccare.
Ieri, invece, è spuntato l'amianto. E c'è pure chi ci vive dentro, ché lo sgombero di qualche tempo fa, quando vennero smantellate le baracche degli extracomunitari, è servito a poco. Qualcuno è tornato, e ha rimesso casa lì.
Per non parlare di chi lavora a dieci metri dai cumuli polverosi. «Sono venuti stamattina — racconta il tizio che ha un chioschetto a ridosso dell'area abbandonata — e dopo aver spostato i rifiuti che prima erano sparsi per tutta la zona, hanno recintato l'area. A noi non hanno detto niente: non sappiamo se si tratti di amianto che già era qui, o di materiale portato da chissà dove. Comunque qui è un vero schifo: lì in fondo, quei fusti arrugginiti, contengono della roba liquida...». Parla dei bidoni gialli della Basf Chemical Company che contengono il «Rheobuild 561», un superfluidificante utilizzato nelle betoniere per la formazione dei calcestruzzi reoplastici. Li hanno sistemati, in una specie di cuccia per cani, con una rete rossa intorno. Qualcuno ha strappato la rete, evidentemente, per rendersi conto che si trattava di «roba liquida». Inquinante sì, inquinante no. Chi lo sa. Con l'amianto a venti metri, a cielo aperto, al centro di Napoli, nessuno può escludere niente.

 

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