Intervista a Marinella Vito

«Anomalie solo nel 2% dei campioni»

La dirigente Arpac: diecimila controlli all'anno, i parametri sono nella norma
10 gennaio 2014 - Gerardo Ausiello
Fonte: Il Mattino

«A Napoli e in Campania faccia facciamo oltre 10mila controlli all'anno sulle acque. Tutto avviene nel rispetto della legge». Marinella Vito, direttore tecnico regionale dell'Arpac, non vuole sentire parlare di analisi «truccate»: «L'acqua che esce dal rubinetto non è inquinata - s'affretta a chiarire - Diverso è il discorso nella Terra dei fuochi».
In che senso? «Alcuni pozzi tra la provincia nord di Napoli e quella sud di Caserta sono risultati contaminati ma quell'acqua non finisce più nella rete acquedottistica».
Viene però ancora utilizzata per l'agricoltura. «La situazione è nota e si sta cercando di correre ai ripari. È fondamentale, tuttavia, che non si spari nel mucchio».
Lei dice che vengono effettuati 10mila controlli all'anno. Come? «Le prime analisi spettano ai gestori dei singoli comuni. A Napoli, ad esempio, i rilievi sono di competenza dell'Abc. Il compito di controllare i risultati di questi esami tocca invece alle Asi, le Aziende sanitarie locali presenti nei vari territori».
E l'Arpac cosa fa? «Le Asl si rivolgono all'Arpac per avere i risultati delle analisi sulla rete idrica. In pratica loro raccolgono i campioni e noi li analizziamo».
Possibile che non abbiate riscontrato nulla di anomalo nelle aree a rischio? «Solo in provincia di Caserta i controlli sono oltre 2mila, a Napoli anche di più. È vero, talvolta qualcosa che non va c'è».
E allora? «In questi casi comunichiamo tempestivamente i risultati alle autorità competenti, in primis ai Comuni, che possono anche sospendere l'erogazione idrica».
Quante anomalie in percentuale? «A Napoli e in Campania circa il 2 per cento dei campioni risulta non conforme».
Perché non sono conformi? Quali le cause? «Spesso si tratta di piccoli difetti nella clorazione, che è il metodo più diffuso per la disinfezione delle acque potabili. Tali anomalie rientrano facilmente. Nello 0,5 per cento dei casi, invece, i problemi riguardano parametri chimici più significativi su cui sono necessari approfondimenti e interventi maggiormente importanti».
Quanti sono i tecnici e con quale frequenza avvengono i controlli? «Abbiamo una trentina di esperti che si dedicano a queste attività. Il monitoraggio è costante e frequente, con cadenza settimanale. Ripeto, è tutto regolare».
Scusi, ma se ci fosse qualcosa di strano lei lo direbbe ora ad un giornalista? «Noi facciamo ciò che prevede la legge. E quanto alle analisi, ci metto la mano sul fuoco». Intanto la Procura indaga su appalti e controlli. «Ho massima fiducia nella magistratura, che deve far luce fino in fondo su queste vicende. Ma una cosa sono gli appalti, un'altra i controlli».
Che idea si è fatta di quest'inchiesta? «Il punto è che in Campania tutto diventa clamoroso ed edatante. Probabilmente la situazione delle acque nella nostra regione è simile a quella del resto del Paese ma qui c'è un gioco al massacro, pare ci si diverta a parlar male di tutti».
Oltre ad essere direttore tecnico dell'Arpac, lei è anche una cittadina. Ritiene che le reti idriche in Campania siano inadeguate? «Certamente c'è sempre da lavorare. Molti tubi sono obsoleti e le perdite d'acqua sono frequenti. Bisognerebbe investire maggiori risorse sulla manutenzione».
Esistono ancora tubature in amianto. Le sembra possibile? «Di sicuro gli enti locali ed i gestori devono fare il massimo per ammodernare la rete. È una sfida cruciale».i campioni»

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