Paradosso a Caserta: la discarica inquina ma lo Stato dovrà risarcire i proprietari
NAPOLI — La discarica Lo Uttaro, in provincia di Caserta, è il simbolo stesso del disastro ambientale della Campania. Nel corso di circa 30 anni, la cava Mastropietro e le aree limitrofe hanno inghiottito oltre un milione e mezzo di rifiuti. E concreto il rischio che il percolato stia continuando ad inquinare la falda acquifera. Solo da qualche tempo è stata avviata la caratterizzazione dei suoli, indispensabile a capire natura e pericolosità delle sostanze inquinanti.
Per la messa in sicurezza, c'è un progetto preliminare di Sogesid, la società in house del ministero dell'Ambiente. Una bomba ecologica, insomma, per l'intera comunità casertana. Per i proprietari di quei terreni, la famiglia Mastropietro e la società Ecologica Meridionale ad essa riconducibile, la cava di tufo e pozzolana ampliata in più fasi ed adibita a sversatoio continua invece ad essere una gallina dalle uova d'oro, nonostante non accolga ormai da circa cinque anni l'immondizia. Hanno ottenuto infatti dalla quinta sezione del tar Campania il riconoscimento di un maxindennizzo da parte dello Stato.
La vicenda giudiziaria nasce all'inizio del 2012, quando Francesco Mastropietro ed Ecologica Meridionale sri si rivolgono al Òàã Campania. Lamentano che l'occupazione delle particelle 40 e 42 della loro proprietà, sancita nel 2007 da una ordinanza di Guido Bertolaso, all'epoca al vertice del commissariato ai rifiuti, sia stata illegittima. Anno difficile, il 2007. La Campania è sommersa dai rifiuti, si cercano buchi e fossi per ogni dove nei quali collocare la spazzatura. Bertolaso individua l'area di Lo Uttaro tra i siti sottopostigli dal tavolo tecnico del quale fanno parte Gaudio De Biasio(funzionario del commissariato), il vice prefetto Francesco Provolo, il dirigente della Provincia Alfonso Pirone, i rappresentanti del commissariato per le Bonifiche Paola Pignalosa e Manuela Totaro.
Con l'ordinanza numero 3 del 12 gennaio 2007, dunque, l'ex sottosegretario nominato daBerlusconi approva il progetto preliminare di adeguamento del sito e dispone l'occupazione delle particelle numero 40 e 42. L'ordinanza fissa in cinque anni il termine per l'adozione del decreto di esproprio. Trascorrono mesi, settimane, anni, ma quel provvedimento non arriva, n 12 gennaio 2012 scadono i ter mini. Mastropietro ed Ecologica Meridionale si rivolgono alla magistratura amministrativa. La quinta sezione, presidente Luigi Domenico Nappi, decide la questione nella Camera di Consiglio del 12 dicembre 2013. Scrivono le toghe: «Ï Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie e, per l'effetto, dichiara l'illegittimità dell'occupazione e riconosce il diritto al risarcimento». I giudici passano poi ai conteggi, per quantificare l'indennizzo da versare ai Mastropietro.
Argomentano: «Se utilizzato come discarica, il valore del terreno deve tener conto della redditività che esso è in grado di dispiegare attraverso lo sfruttamento dell'invaso allestito per l'esercizio della discarica controllata, avendo come riferimento l'anno 2010 quale tempo medio del periodo durante il quale l'occupazione si è protratta (2007-2013). A partire dal costo di conferimento dei rifiuti complessivo pari a 138 euro a tonnellata posti a carico dei Comuni, viene poi estrapolato il parametro di costo attinente alla sola attività di discarica. Il valore di stima del sito nella sua destinazione di discarica e comprensivo del valore degli allestimenti effettuati dai ricorrenti risulta pari ad euro 7.293.758,93». Ai quali, proseguono, bisogna poi sommare «il danno per lucro cessante». Altri due milioni circa, che fanno lievitare l'indennizzo a 9 milioni di euro. Il conto è invece meno salato, si fa per dire, qualora il terreno dei Mastropietro occupato dal commissariato nel 2007 sia considerato area industriale e non sito di discarica. Spettano in questo caso ai proprietari 4,5 milioni di euro.
Questi i termini di una sentenza che sa di beffa, per i comitati e gli ambientalisti i quali, nel 2007, presidiarono l'accesso a Lo Uttaro al fine di evitare l'ingresso dei camion e subirono anche una carica della Célere. Allo Stato, ora, non rimane che adire il secondo grado di giudizio, nella speranza di ribaltare l'esito della partita. Intanto bisogna già pagare spese di giudizio ed emolumenti al consulente tecnico ingaggiato dal tribunale: circa lo.ooo euro. La sentenza del tar sta per essere trasmessa alla Corte dei Conti, affinchè quest'ultima valuti se ci sono i margini per avviare un procedimento nei confronti dei pubblici amministratori.