LA LOTTA DI DON MAURIZIO PATRICIELLO

Terra dei fuochi, adesso bisogna spegnere il male

Il parroco di Caivano non si ferma: «II 2014 deve essere l'anno della svolta definitiva». E occhio alle bonìfiche: «Dove ci sono soldi la camorra si intrufola»
3 gennaio 2014 - Annachiara Valle
Fonte: Famiglia Cristiana

Adesso che ha scoperchiato il calderone non ci sta a rimanere a guardare. «Abbiamo avuto tante promesse e molte vicinanze. Adesso bisogna agire concretamente. Il problema dei rifiuti tossici va risolto. Non possiamo continuare a celebrare funerali. Continuerò a parlare, a denunciare, a smuovere tutto quello che posso finché non si arriva a una soluzione».
Don Maurizio Palriciello, il combattivo parroco di Caivano, al confine tra Napoli e Casería, guarda al lavoro fatto per portare all'attenzione del mondo il problema della Terra dei fuochi: un fazzoletto fertile della terra campana nelle cui viscere oggi si annidano veleni e morte.
«Penso però soprattutto al futuro. A questo 2014 che viene e che deve, per forza, cambiare le cose. Vedo le istituzioni molto attente. Ci sono segnali positivi: Matteo Renzi che è venuto all'indomani della sua elezione a segretario del Pd, Rosy Bindi che ha fatto qui una delle prime uscite da presidente della Commissione antimafia, il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando che ormai è di casa, il nostro governatore Stefano Caldoro sempre disponibile ad ascoltarci. Anche grazie a loro teniamo accesa l'attenzione. Riflettori che non si devono spegnere finché il problema non sarà risolto».
Non si arrende davanti a nulla don Maurizio. Quando la presidente della Ca mera Laura Boldrini ha tolto il segreto sulle dichiarazioni rese nel 1997 dal pentito di camorra Schiavone, il parroco è subito andato a trovarlo, «Qui è scoppiato il panico quando abbiamo sentito le sue parole, il racconto di come per anni hanno interrato rifiuti tossici provenienti soprattutto dalle industrie del Nord. Un business per il dan dei Casales! e una sentenza di morte per gli abitanti: 'Tra 20 anni moriranno tutti", dice Schiavone. E sono andato a parlargli. Mi ha confermato tutto e quando gli ho chiesto secondo lui cosa dobbiamo fare è stato lapidario: "Ve ne dovete andare via di là"».
IL PROBLEMA DELLE BONIFICHE «Ma come facciamo?», continua don Patriciello. «Siamo quattro milioni di persone. La gente ha paura, in quasi ogni casa c'è un malato di tumore. E anche tra i piccoli i malati sono tanti, troppi. Ma non sappiamo dove andare. Chiediamo aiuto: al ministero della Salute, innanzitutto. Che in questo momento forse è la parte più debole. E poi a quanti devono cominciare le bonifiche».
A tutti don Maurizio chiede di «dire le cose come stanno, di rimboccarsi le maniche e di vigilare. Perché adesso il pericolo maggiore sulle bonifiche è l'infiltrazione mafiosa. Come sempre, quando arrivano soldi, la camorra si intrufola. Ma io mi rifiuto di credere che uno Stato come il nostro non riesca a fare qualche cosa senza che la camorra ci metta il naso. Sono fiducioso anche nella presenza della Uè. Per arrivare allo Stato e alla Regione abbiamo cominciato proprio andando a parlare in Europa. E oggi l'Europa ci sta, fortunatamente, con il fiato sul collo, ci stimola e ci pressa per trovare una soluzione a questo dramma».
Si appella ancora alla presidente della Camera, don Maurizio, «perché è vero che in tanti sapevano ciò che accadeva, ma finché lei non ha avuto il coraggio di togliere il segreto la maggioranza era all'oscuro. E poi bisogna agire su altre cose. Piccoli passi sono stati fatti, come, per esempio, far diventare reato il bruciare i rifiuti. Certamente questo aiuterà noi a respirare meno fumo, però va a colpire l'anello più debole di questa catena. Bisogna intervenire su tutta la filiera perché chi produce in nero un chilo di borse, per esempio, poi smaltisce in nero mezzo chilo di collanti, di coloranti, di liquami... e se non li brucia li interra. Vanno monitorati tutti i passaggi. E poi occorre fare qualcosa sulle prescrizioni: se si celebrano i processi e i colpevoli tornano a casa perché i reati sono prescritti, è una presa in giro».
Inoltre bisogna evitare un danno generalizzato: «Non tutti i terreni sono inquinati, anzi. Dobbiamo individuare quali sono, mapparli, dare un marchio di qualità ai prodotti buoni, far si che l'agricoltura riprenda la sua eccellenza e andare avanti. Senza permettere più lo scempio che c'è stato per tanti anni».

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