Un pentito: nelle sue cave ho visto carichi tossici

Il pentito ai magistrati antimafia: «Ho visto scaricare rifiuti speciali in una sua cava sequestrata»

11 dicembre 2013 - T.B.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

Un pentito rivela di aver seguito camion diretti nelle cave di Chianese; «Mi avvicinai per vedere cosa ci fosse dentro, avendo ü camion tendoni pubblicitari relativi ad una marca di birra. Aprii il tendone e vidi che l'intero rimorchio conteneva rifiuti, contenuti in cassoni di plastica, senza alcuna scritta. I rifiuti emanavano un forte odore e c'era traccia di liquido maleodorante nel rimorchio. Decidemmo di bruciarlo e mentre d accingevamo a farlo giunse una persona a bordo della motrice. Ci allontanammo e lo attendemmo più avanti, aspettando che se ne andasse». Poi il racconto prosegue.
NAPOLI — «Tra gennaio e febbraio 2007, mentre percorrevo la circonvallazione di Parete, vidi il rimorchio di un camion parcheggiato nel piazzale dello stadio, incustodito». Comincia così il verbale di interrogatorio reso dal pentito Giovanni Mola il 15 settembre del 2009: un verbale agghiacciante, che conferma come fino a pochissimo tempo fa i rifiuti tossici sono stati scaricati nella «terra dei fuochi». Il verbale è contenuto nell'ordinanza che la Dia ha notificato ieri a Cipriano Chianese. Prosegue il pentito: «Mi avvicinai — mi trovavo con Francesco Puzi e Saverio Di Martino — per vedere cosa d fosse dentro, avendo il camion tendoni pubblicitari relativi ad una marca di birra. Aprii il tendone e vidi che l'intero rimorchio conteneva rifiuti, contenuti in cassoni di plastica, senza alcuna scritta. I rifiuti emanavano un forte odore e c'era traccia di liquido maleodorante nel rimorchio. Decidemmo di bruciarlo e mentre ci accingevamo a farlo giunse una persona a bordo della motrice. Ci allontanammo e lo attendemmo più avanti, aspettando che se ne andasse». Il terzetto decise di seguire il veicolo: «Questa persona invece prese il rimorchio con la motrice e si allontanò in direzione Tré Ponti con l'intero carico. Lo seguimmo per vedere dove andava e lo vedemmo accedere verso la cava dell'avvocato Cipriano. Entrò da un cancello automatico: Francesco Puzi mi disse che quelle cave erano sequestrate. La strada era buia, si trattava di un orario serale e non ebbi modo di vedere alcun cartello significativo di un sequestro in atto». La Procura ha voluto approfondire questa circostanza e ha disposto, tra l'altro, sopralluoghi, rilievi fotografici e perizie. «Si verificava — si legge nell'ordinanza — l'assenza di segnalazioni indicanti la sussistenza del vincolo del sequestro; si accertava la rottura del filo che assicurava il sigillo di piombo posto a giuntura dei battenti dei cancelli siti all'ingresso principale della cava "Z"». Le conferme degli sversamenti avvenuti mentre la discarica era sotto sequestro aono arrivate dalla perizia, la quale evidenziava «la presenza di rifiuti che certamente, per quanto riscontrato dallo stato dei terreni e dai raffronti dello stato dei luoghi e della crescita di vegetazione con quanto attestato da rilievi fotografici effettuati dalla pg, non erano quelli presenti nel 2004 ed all'epoca del sequestro del sito, ma si trattava di accumuli successivi risalenti alla metà del 2007. Ancora, il raffronto tra una foto dell'aprile 2008 ed una dell'agosto 2008 faceva rilevare che il materiale è stato messo in dimora poco prima dell'aprile 2008. Il consulente — nota il gip — concludeva che si trattava di veri e propri rifiuti e dunque di smaltimenti illeciti avvenuti in sito sottoposto a sequestro». Proprio la disinvoltura nel trasgredire la legge è uno degli elementi che ha indotto il gip a disporre il carcere per Cipriano Chianese. «La vicenda in esame — scrive il giudice riferendosi all'estorsione della Mery Trans — è connotata di significativa gravita e palesa un'eccezionale spregiudicatezza degli indagati nell'agire illecito che fonda certamente un positivo giudizio di pericolosità, concreta ed attuale, perché sintomatica di un modus agendiadottato come vero e proprio stile di vita dagli indagati. Cipriano Chianese risulta, da indagini svolte nell'ambito di altri procedimenti e da molteplici e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avere operato con continuità sin dagli anni Novanta nell'altamente remunerativo settore degli illeciti smaltimenti dei rifiuti in sinergia con la criminalità organizzata, continuando ad operare anche allorquando l'autorità giudiziaria aveva già adottato provvedimenti cautelari e reali a carico di Chianese e delle sue attività imprenditoriali». L'avvocato, sottolinea ancora il gip, è «un imprenditore colluso che riesce a trarre a proprio vantaggio l'essere venuto in relazione con il sodalizio camorristico (anche ove, in termini generali ed astratti, il contatto iniziale sia stato da vittima) entrando così in un sistema illecito di esercizio dell'impresa contraddistinta da un rapporto preferenziale con il sodalizio di cui costituisce un privilegiato finanziatore e da cui, di converso, è garantito e supportato tanto da acquisire posizioni imprenditoriali di monopolio o assolutamente preminenti in un certo settore».

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