Il parroco e il governatore
In questa interminabile emergenza rifiuti in cui, nonostante leggi spedali, decreti e commissari, siamo dolorosamente precipitati, molte cose restano, molte tornano, e molte cambiano. Resta, prima di tutto, il problema generale dello smaltimento, sfuggito anche all'ultimo provvedimento del governo. Chi, come e quando incenerirà le ecoballe? Dove metteremo le relative ceneri? E i rifiuti combusti, quelli bruciati nei roghi illegali, a chi li rifiliamo? E prima di ogni altra domanda: dove e come smaltiremo i rifiuti speciali, quelli industriali o quelli sanitari? Tutto ciò, sembra assurdo ma è così, non c'era nei piani regionali di quindici anni fa e non c'è ora, o meglio: ora qualcosa c'è, come un nuovo inceneritore a Giugliano, ma viene costantemente messo in forse da chi lo ha prospettato alla commissione europea. Risultato: si fa o non si fa? Boh. Si farà qualcosa di alternativo? Ah, saperlo. Toma, invece, una personalità come Enrico Letta, che tra il 2006 e il 2008, Prodi premier, fu sottosegretario unico alla presidenza del Consiglio. m questa veste. Letta aveva il potere di indicare i commissari straordinari da inviare in Campania, ne era il responsabile politico, e interloquiva con i presidenti della Regione, a quel tempo Antonio Bassolino. Letta non fece bene. Anzi. Sua è stata la responsabilità di una imperdonabile sottovalutazione nazionale del problema rifiuti. Prova ne è quel che successe quando il prefetto Pansa, ora capo della polizia, si dimise dall'incarico per esaurimento della funzione e il governo dichiarò sostanzialmente chiusa l'emergenza. Chiusa? Macché. Dopo le dimissioni di Pansa successe il finimondo: immondizia ovunque. Napoli assediata, titoli sui giornali di mezzo mondo. Letta do vette rinominare in tutta fretta un altro commissario, ma lo scelse con cosi tanta superficialità che da lì a pochi giorni — giorni non mesi — dovette sostituirlo con il prefetto De Gennaro. Ora Letta è il coordinatore della task torce ministeriale che dovrà occuparsi delle bonifiche. Non gli sarà difficile far meglio di prima, avendo appunto fatto poco e male, ma ci si augura che quel tanto che farà possa almeno essere sufficiente. Cambia, infine, lo scenario politico. Bassolino i contestatori li aveva al governo. Caldoro li ha all'opposizione, ma non tanto nell'istituzione, piuttosto nella società. Bassolino sedeva in giunta con Pecoraro Scanio e dialogava amorevolmente con Rifondazione, in cui primeggiava Sodano, attuale vicesindaco a Napoli, e Pecoraro Scanio e Sodano sono stati tra quelli che hanno alzato le barricate contro le discariche, gli inceneritori e ogni forma di impianti di smaltimento. «Differenziata e rifiuti zero», dicevano. Abbiamo visto. Caldoro, almeno in questo, è stato più fortunato.
E non solo perché non deve continuamente contrattare con loro o con i loro epigoni, ma soprattutto perché nella società il fronte di lotta non è più come una volta. Lì, sul campo, ora ci sono leader riconosciuti come don Patriciello e l'oncologo Antonio Marfella, che non sembrano affatto dei black block. Combattivi sì, ma non distruttivi. Con loro si può discutere. Anzi, sono essi stessi costruttori di dialogo, come ha confermato l'assemblea di ieri nella parrocchia di Caivano, quella di padre Patriciello, a cui Caldoro ha opportunamente e coraggiosamente partecipato. Non approfittare delle esperienze fatte e delle novità di contesto sarebbe oggi un gravissimo errore. Che vuoi dire? Semplice, che l'ultimo miglio, quello mai seriamente impegnato, dobbiamo percorrerlo ora. E l'ultimo miglio è quello dello smaltimento dei rifiuti speciali, che sono la grandissima parte di quelli prodotti, altro che foglie di insalata e cartone delle pizze.