Trent`anni di promesse mancate addio fabbriche, restano i veleni

Quei cittadini feriti da trent`anni di promesse mancate

Sui terreni conquistati dai clan progetti di sviluppo mai realizzati
2 dicembre 2013 - Pietro Perone
Fonte: Il Mattino

Un foglio, quattro parole, «Acerra non deve morire», ma al posto del nome di quella città ce ne potrebbero essere altre. Un viso familiare, un volto come quello di tante ragazze con le quali hai condiviso la tua adolescenza. Vincenza Maisto, morta a 16 anni per un cancro alle ossa che ha eroso il suo corpo e il nostro futuro, ha chiesto peri ragazzi come lei un nuovo inizio. Due occhioni neri che tì accusano. Di co sa? Diffuse le colpe, ma con pesi molto diversi tra loro m quella che oggi tutti chiamano la terra dei fuochi.
Mettiamolo subito in chiaro: non sappiamo, e toccherà agli scienziati approfondire e fugare i dubbi che puntualmente riaffiorano, se c'è una correlazione diretta tra i veleni disseminati dalla camorra nell'area a Nord di Napoli e nel basso Casertano con l'incidenza delle malattie neoplastiche. Sappiamo, però, che da quelle parti si vive ormai con la morte addosso: spaventano i tanti, troppi manifesti listati a lutto disseminati lungo le strade di quelli che un tempo erano Municipi e oggi sono nient'altro che la periferia informe della metropoli. Abbiamo saputo che hanno sversato di tutto in quei terreni storicamente parte integrante della Campania Felix, amati da Raffaele Viviani tanto da scrivere in Primitivamente questi versi: Me ne vogl'i' a campa ' 'mmiez 'ana terra, 'a parte 'e Punticiello, Caivano: so'stufo d"e città, Roma, Milano: quanno voglio fa' 'a vita, vaco 'Acerra.
I colpevoli silenzi Chi ha consentito che le parole diViviani, morto negli anni '50, oggi suonino come una micidiale beffa? La camorra ha tragicamente fatto il proprio «mestiere», lucrare sull'incapacità dellapolitica e mettere a repentaglio la vita dei nostri, come dei suoi stessifigli che nella terra dei fuochi continuano a vivere. Territorio lasciato per decenni in attesa di un «modello di sviluppo», come si diceva fin dagli anni Settanta, mai messo nero su bianco, mentre si sommavano promesse e illusioni in decine di campagne elettorali. Una terra buona per ogni stagione: il consociativismo della Prima repubblica, i governi di centrosinistra e di centrodestra poi. Dalla rincorsa a un'industrializzazione calata dall'alto con i soldi dello Stato, vedi AlfasudpoiAlfa Romeo; ai veleni legalizzati giunti la prima volta con l'insediamento della Montefibre, fabbrica chimica decotta e trasferita da Casoria ad Acerra per esalare i suoi ultimi miasmi. Infine l'inceneritore disloca to qualche anno fa contro cui invano si è lottato nel tentativo di cambiare il corso a una storia sbagliata cominciata molti anni prima.
Ecco il sogno di un'industrializzazione impossibile, nato con l'esproprio di ettari ed ettari di terreni da parte dei consorzi Asi, sigla dietro cui si nasconde la beffar- da denominazione di «area di sviluppo industriale». Via campi coltivati e altamente produttivi con il miraggio che, una volta spenti i motori dei trattori, fosse possibile indossare la sospirata tuta blu da lasciare in eredità anche ai propri figli. Un abito da lavoro ritenuto all'epoca simbolo di un benessere rivelatesi invece effimero.
Le prime sconfitte Si visto come è andata a finire tra Pomigliano, Casona, Noia, triangolo di un'industrializzazionechehafagocitato tir di danaro pubblico. Ma la fabbrica delle illusioni ha anche prodotto altri falsi miti: per anni è stato annunciato, con le inevitabili promesse di assunzioni e di espropri stipulati a metraggi d'oro, che nelle campagne diAfragola sarebbe stata realizzata la versione italiana della Disney parigina, un immenso parco giochi al posto di chilometri di serre sotto cui si coltivavano fragole. Da agricoltori a illusionisti, un altro sogno costellato di progetti e plastici che i politici di turno illustravano agli inizi degli anni Novanta. Invece dopo un decennio in quella zona siè riusciti a dirottare soltanto un ipermercato che ora, sotto i colpi della crisi economica, arranca e minaccia di seminare altra cassa integrazione e mobilità. E che dire dell'idea, datata 1996, di costruire un policlinico pediatrico finanziato quasi interamente con i soldi dell'Inaii sulle terre residue del saccheggio edilizio acerrano, la città cheVincenza prima di lasciare i suoi cari ci ha imprecato di non far morire.
L'apocalisse della camorra La strage ambientale scatenata dai clan è dunque, questa sì, la diretta conseguenza della delittuosa incapacità della politica nel disegnare, per quella che oggi viene definita la terra dei fuochi, un futuro diverso. Dopo avere strappato ettari ed ettari all'unica vocazione economica possibile in questa area, l'agricoltura, la gente è rimasta come stordita per tante false e colpevoli promesse mentre in ogni famiglia si cominciava a fare i conti con una realtà di miseria ed emarginazione peggiore di quella che si voleva lasciare alle spalle. Un popolo di cassintegrati, licenziati, ex agricoltori senza il loro unico bene, i campi.
Nel frattempo sui poderi ormai di proprietà delle Asi, e rimasti inesorabilmente deserti, gli uomini di Sandokan e o del boss competente per territorio cominciavano a seminare veleni. Avrebbero forse avuto qualche difficol tà in più ad avvelenare la terra se in superficievifossero stati ancora i broccoli, l'insalata, gli asparagi e tutto ciò che è possibile coltivare in una pianura che si estende per chilometri e chilometri? Più facile agire, invece, su campi divenuti terra di nessuno.
Le responsabilità Storia criminale e colpe imperdonabili della politica pesano, così come non si può tacere la colpevole assenza e le troppe distrazioni di pezzi dello Stato, a cominciare dalla magistratura che dopo decenni ha chiuso le discariche pubbliche senza guardare oltre il proprio dito e sigillare anche i tanti sversatoi occulti della camorra. Una storia per tutte: è del marzo di quest' anno il verdetto finale di un pro cesso sul traffico illecito di rifiuti avvenuto nella zona di Acerra-Caivano. Condannati a sei anni di carcere solo sei dei 27 imputati, con l'esclusione, per chi è stato considerato colpevole, dell'aggravante di avere causato il disastro ambientale. «La vergogna della giustizia italiana», scrive Alessandro Cannavacciuolo, un giovane acerrano che vive sotto scorta per avere semplicemente continuato la battaglia dello zio, Vincenzo.
Era metà degli anni Ottanta quando la famiglia Cannavacciuolo, incurante della tragedia incombente, si ostinava a tenere in vita il mestiere dei padri, la pastorizia. Una quarantina di pecore si aggiravano all'epoca in quella che oggi chiamano la tena dei fuochi, lambivale nuove strade, spesso costruite a metà, lingue di asfalto che altro terreno hanno fagocitato per condurre fantomatici operai nelle fabbriche promesse. Pascolava, il gregge dei Cannavacciuolo a ridosso della Montefibre o di quella che all'epoca si chiamava Alfasud, costeggiando anche i Regi Lagni, fogna a cielo aperto che la Provincia, ente competente, fingeva di ignorare mentre i livelli di inquinamento salivano e la falda acquifera era fin da allora in pericolo.
Insomma, la scelta dei pastori acerrani era l'opposto di ciò che dovrebbe essere una corretta profilassi biologica per chi produce latte o ogni altro prodotto che serva all'alimentazione, ma erano quelli gli anni m cui la sensibilità ambientale timidamente cominciava ad affacciarsi ali'orizzonte. Sensibilità, va detto, che ancora oggi è carente tra la gente della sterminata provincia napoletana, tanto da disseminare i bordi delle strade con mobili vecchi, pneumatici o sacchetti di immondizia che hanno trasformato ancor più le pe riferie di città violentate dai veleni m un bronx metropolitano in cui ognuno contribuisce ad aggravare una condizione di per se drammatica.
Gli animali a due teste Testardi i Cannavacciuolo che infatti si ritrovarono con un agnellino a due teste. Al primo non fecero caso, addossando ogni colpa a una natura matrigna. Ma al secondo, e poi al terzo, decisero di denunciare quanto stava avvenendo. Fu quello, forse, il primo, terribile segnale del disastro incombente, ma solo pochi gridarono allo scandalo e non scattarono controlli da parte delle forze dell'ordine: carabinieri, guardia forestale, Asi. Le città intanto continuavano a crescere a dismisura e l'inurbamento selvaggio, grazie a piani regolatori compiacenti, sconvolgeva il reticolo sociale di paesi un tempo con una forte identità e che oggi rischiano di perdere finanche la memoria.
Il decreto del governo Arriverà domani una prima misura normativa con cui la politica proverà a testimoniare la propria presenza inasprendo le pene contro chi semina veleni e distinguendo la terra dei fuochi in zona «food» e «no food». In pratica verrà definitivamente sancito che quei terreni sottratti all'agricoltura, e invano promessi all'industrializzazione, sono da buttare o quantomeno non sono più utilizzabili per produrre alcunché. Ma chi paga? ÑÛ spiega ai ragazzi come Vincenza che rispetto ai loro padri, che mollarono le campagne m virtù almeno di una promessa di lavoro, stanno per perdere definitivamente la terra dove sono nati senza avere nulla m cambio? Il rischio, senza strategie di sviluppo economico, è che in quei territori, una volta bonificati, nulla continuerà ad accadere. I fondi europei, oltre a eliminare i veleni, dovrebbero servire a sanare decenni di colpevoli assenze. In gioco c'è il futuro di più generazioni ed è vietato pensare di poter affrontare una tragedia epocale solo con una manciata di norme e fondi ridotti all'osso recuperati in tutta fretta nei meandri di bilancio di un'Europa che continua ad apparire votata soltanto al rigore.
Nella terra dei fuochi è lo Stato che deve finalmente arrivare. E non basta affidare gran parte della responsabilità dei controlli ai sindaci perché ci sarà pure tra Acerra, Maraño, Villaricca, Giugliano, dove m passato però i consigli comunali sono stati sciolti per mafia, una classe politica adeguata ma è impossibile che un singolo primo cittadino possa superare il muro di gomma frutto di decenni scanditi da silenzi e connivenze. E ancora: sarà possibile salvare queste aree se non si rafforzerà anche una vigilanza sociale affinchè quanto è avvenuto in questi decenni non debba ripetersi?
Gli studenti, i preti, la speranza In queste ore sono occupate molte scuole superiori della terra dei fuochi, una piccola onda che si affianca a quella della Chiesa che da tempo supplisce con coraggio alla delittuosa assenza della politica. Ecco dunque una luce di speranza, affinchè quel cartello esposto da Vincenza dal lettino di un ospedale possa essere issato cento, mille volte.
Erano gli inizi degli anni Ottanta quando gli stessi licei di oggi, lo scientifico di Acerra, rimbriani di Pomigliano, e poi quello di Noia, le scuole di Caivano, Afragola, Casoria e così via, decisero di scendere in piazza per dire, a viso aperto, basta con il terrore della camorra, «vogliano un futuro che non sia più solo di morte». Si riunirono i ragazzi di allora nel cortile del liceo di Ottaviano, il paese bunker del boss Raffaele Cutolo. Qualche settimana dopo marciarono in diecimila con alla testa due vescovi: don Riboldi e monsignor Costanze, con loro anche il leader della Cgil che all'epoca si chiamava Luciano Lama. Sfidarono fin dentro casa loro i padrini della paura nel tentativo di contrastare l'avanzata di clan che stavano cominciando ad alzare il tiro, tanto da uccidere in quei mesi un avvocato acerrano colpevole di fare soltanto il proprio mestiere. Servì quella lotta? La mobilitazione si estese all'intero Mezzogiorno e arrivò nei Palazzi della politica mentre le cosche cominciavano ad essere colpite dalle inchieste della magistratura; il fenomeno del pentitismo, grazie a leggi approvate anche su pressione della ritrovata sensibilità popolare, consentì allo Stato di accendere le prime luci dove nessuno fino ad allora aveva voluto o potuto addentrarsi.
La camorra non è stata sconfitta, tutt'altro. Ma rispetto a treni'anni fa c'è oggi un reticolo di associazioni che la combattono con determinazione. Sono poi arrivate leggi nuove e il controllo sociale è sicuramente più elevato. Accadrà ora quello che è avvenuto ieri? Cento, mille cartelli come quello che ha issato Vincenza sono forse l'unico grande fuoco di speranza possibile nella martoriata terra delle facili promesse e delle troppe sconfitte.

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