e L'assessore Romano: troppi 200 enti per le verifiche sulle condotte. Mobilitati Asl e Arpac. Il caso dell'Ato2.

Acqua all`amianto scatta l`inchiesta della Regione

30 novembre 2013 - Lorenzo Iuliano
Fonte: Il Mattino

Il dossier è del 2003, ma il problema non sarebbe stato risolto: scorrerebbe acqua all'amianto nelle condotte idriche che giungono fin nelle case dei 136 comuni a cavallo tra le province di Napoli e Caserta. E ora la Regione apre una inchiesta sulla pericolosità. Ma Eduardo Farinaro, professore di Scienze tecniche mediche applicate alla Federico II non ha dubbi: quei 112 chilometri di condotte idriche vanno sostituite. «Basta una piccola lesione, causata dall'usura o dalla friabilità, perché ci sia rilascio di fibre di amianto», dice il docente.
Il nuovo allarme nella Terra dei fuochi viene dal sottosuolo e ha la forma dell'acqua. Un altro spettro arriva dal passato a turbare la quotidianità già agitata dei cittadini: scorrerebbe acqua all'amianto nelle condotte idriche che giungono fin nelle case delle famiglie dei 136 comuni che compongono l'Ambito territoriale ottimale 2, a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, comprendendo anche il perimetro della Terra dei fuochi. La denuncia arriva da uno studio (datato 2002-2003 ma ancora attuale) proprio dell'Aio 2: oltre 112 chilometri di condotte, pari al 7 per cento della rete, sono state realizzate circa 50 anni fa con tubazioni in cemento-amianto, l'etemitusato per garantirne l'elasticità. La corrosione delle vecchie strutture causerebbe la diffusione delle fibre di amianto nell'acqua potabile. E il campanello d'allerta è scattato immediatamente. Il primo a mobilitarsi è stato l'assessore regionale all'Ambiente e al Ciclo integrato delle acque, Giovanni Romano, che ha avviato un'inchiesta: «Ho già richiesto una relazione ai tecnici dell'Aio 2 e agli uffici regionali. La mia sollecitazione è indirizzata anche all'Arpac e alle Asl competenti nelle diverse aree territoriali, a cui ho chiesto di attivar si per capire il fondamento della vicenda e chiarire anche a chi tocca intervenire». Già, perché il primo punto è sapere chi fa cosa: «Gli interventi di riparazione e sostituzione spettano ai singoli Comuni e ai gestori delle condotte, laRegione Campania nonha competenza su questo tipo di lavori. Vorrei immediatamente sgombrare il campo da ogni equivoco. Il problema però è che solo nell'Ato 2 esistono oltre 200 enti gestori, compresi i Comuni, una babele di competenze che rende difficile intervenire». Capitolo diverso è quello della rete di distribuzione idrica, «che riguarda la Regione, non presenta alcun pericolo e viene monitorata costantemente», assicura Romano, che aggiunge: «Le zone che rientrano nell'Ato 2 sonoservite dall'acquedotto Campano e da quello Campano Occidentale, con risorse idriche che arrivano da Lazio e Molise. Noi siamo solo i grossisti però». Sono queste le autostrade delle acque gestite direttamente dalla Regione, «ma dal momento in cui si arriva agli acquedotti incalza l'assessore - iniziano le competenze di una miriade di altri soggetti, nonostante una legge regionale del 1997, che è sostanzialmente una norma di attuazione della legge Galli del 1994, limiti a soli 4-5 i gestori, con la creazione dei 4 Ato campani, a cui poi si è aggiunto l'Ato 5 di Caserta, sorto tra tante polemiche». Solo l'Ato 3 è riuscito ad applicare la legge, affidando la gestione alla società mista «Gori». Gli altri hanno polverizzato le competenze, rendendo di fatto impossibili controlli e verifiche, anche sulle condotte. «In gran parte della regione- sottolinea Romano - gli stessi Comuni sono configurati come gestori, ma l'attenzione sulle reti comporta investimenti che gli enti locali non sono in grado di fare, ecco perché, fermo restando che à acqua è un bene pubblico e va garantita a tutti, il ciclo integrato va gestito bene, come un vero ciclo industriale. E se vengono coinvolti i privati non dobbiamo gridare allo scandalo. L'importante è che ci sia un ferreo controllo affidato al pubblico». Un'apertura che Romano delinea con precisione: «Il nostro obiettivo deve essere quello di garantire efficienza, efficacia, economicità e sicurezza. Per farlo abbiamo bisogno dirisorse cospicue, che in base alla legge provengono solo dalla tariffa, da quello che i cittadini pagano in bolletta. Che dovrebbe servire anche a rinnovare le strutture in cemento-amianto, cosa impensabi le ovviamente». L'assessore rilancia: «Nel percorso da monte avalle sprechiamo più della metà dell'acqua a causa innanzitutto delle reti ormai vecchie. Ma l'unico modo per evitare questo, e lo ha ricordato anche il commissario europeo Potocnik, è farla pagare tanto, come già accade in Danimarca, dove 1 metro cubo costa 5,4 euro, mentre m Campania, in linea con la media italiana, arriviamo a 1,39 euro. Oltre i proclami, dobbiamo lavorare per avvicinarci un po' a quanto accade da tempo nel resto d'Europa e il coinvolgimento dei privati non va visto come il male assoluto».

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