Una perizia svela il retroscena: 13 anni fa ignorato l'allarme sui veleni

«Terra dei fuochi, tutti sapevano» Veleni, gli anni del buio «Analisi superficiali»

In aula la relazione del consulente della Procura: fra il 2000 e il 2003 azione blanda di Arpac e Provincia
30 novembre 2013 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino
Tredici anni fa enti locali, Arpac provinciale, osservatori dell'Istituto superiore della Sanità, commissari prefettizi tennero un incontro che avrebbe potuto cambiare la stona di un pezzo di territorio regionale. E oggi la Terra dei fuochi non sarebbe un problema nazionale. È quanto emerge da una perizia del 2010, depositata agli atti del processo che si sta celebrando dinanzi alla quinta assise, chiamata a giudicare oltre trenta imputati. Accuse da brividi, al termine delle indagini condotte dalprnAlessandro Milita: truffa aggravata ai danni dello Stato, una sfilza di ipotesi di falso e di abuso d'ufficio, ma anche disastro e avvelenamento di acque.
All'inizio - circa tredici anni fa c'era un tavolo tecnico. Seduti attorno allo stesso desk, c'erano tutti quelli che potevano fare qualcosa e che non l'hanno fatto: entilocali, Arpac provinciale, osservatori dell'istituto superiore della Sanità, commissari prefettizi. Un incontro che, per dirla con Giovanni Balestri - consulente del pm - avrebbe potuto cambiare la storia di un pezzo di territorio regionale. Se i patti presi in quel tavolo tecnico fossero stati rispettati, se tutti avessero tenuto gli occhi aperti, oggi la Terra dei fuochi non sarebbe un problema nazionale. Non sarebbe un'emergenza da incubo per il futuro di intere generazioni. E quanto emerge da una perizia del 2010, depositata agli atti del processo che si sta celebrando dinanzi alla quinta assise, chiamata a giudicare oltre trenta imputati. Accuse da brividi, al termine delle indagini condotte dal pm Alessandro Milita: truffa aggravata ai danni dello stato, una sfilza di ipotesi di falso e di abuso d'ufficio, ma anche disastro e avvelenamento di acque. In un filone parallelo, quello con il rito abbreviato, il boss dei casalesi Francesco Bido- gnetti è stato recentemente condannato aventi anni di reclusione, proprio con l'accusa di aver avvelenato la falda acquifera. Ora la parola ai giudici della quinta assise, che ieri hanno assistito all'esame del consulente tecnico d'ufficio.
Qual è il punto emerso dall'udienza di ieri? Omissioni, indagini superficiali sarebbero state svolte nel triennio 2000-2003, fornendo una serie di informazioni al prefetto ritenute dal consulente del pm lontane dalla realtà. È il 24 novembre del 2010, quando Balestri deposita la nuova perizia, che prende di mira Arpac e Provincia, a proposito delle analisi fatte a partire del 2000: «Tenuto conto che all'amministrazione provinciale è stato più volte demandato l'incarico di controllo delle acque di falda nel rispetto della normativa vigente in materia, queste analisi ricevute dal dipartimento Asl Napoli due non sono utilizzabili per tale scopo, in quanto estremamente incomplete e superficiali, in parole povere non rispecchiano quanto previsto dalla normativa».
Indagini di superficie, spesso lontane dai quesiti richiesti. Come quando i vari specialisti mandati nel cuore della Terra dei fuochi si affaticano a dimostrare che lì, in zona Resit, l'acqua non è potabile (come se qualcuno andasse a prendere acque dai pozzi della discarica); o si industriano a ragionare su questioni igienico-sanitarie (per lo più scontate), senza pensare alle questioni chimiche: e all'impatto sulla falda acquifera, sull'agricoltura, sulle persone che abitano a nord di Napoli. Ma ecco le accuse del consulente: «Tutte le analisi Arpac sono manifestamente non corrispondenti alla realtà delle acque di falda campionate e comunque le analisi spesso sono indirizzate verso valori favorevoli: è il caso di alcuni metalli, notoriamente alti in zona, dove sono quasi sempre riportati in concentrazioni ugua
li ai limiti della nonnativa. Altro caso è l'assenza di investigazioni di tutti quei parametri chimici indicatori dell'eventuale contaminazione in falda, parametri lasciati quasi sempre tutti in bianco». Analisi «appiattite o favorevoli», peraltro trasmesse in ritardo all'Istituto superiore della sanità, che a sua volta ha girato al prefetto valutazioni fin troppo morbide, a seguire il ragionamento della Procura. Omissioni? Strategie dolose? Spetta ai giudici dare la parola conclusiva su una storia che vede imputati excommissari (è il caso dell'ex subcommissario Giulio Pacchi), fùnzionari pubblici (tra cui due esponenti Arpac) imprenditori (come il proprietario della Resit Cipriano Chianese). Trentaquattro nomi (difesi, tra gli altri, dai penalisti Alessandra Cangiano, Orazio Cicatelli, Francesco Lubrano, Giuseppe Fusco, Riccardo Polidoro), chiamati a direndersi nel processo al grande avvelenamento: è il processo alla storia nera - tra presunte omissioni e superficialità dell'ultima emergenza nazionale alle porte di Napoli.
Powered by PhPeace 2.6.4