La Chiesa «a caccia» di rifiuti tossici
NAPOLI — La Chiesa napoletana va a caccia di rifiuti tossici. E comincia dai terreni di sua proprietà — affidati a privati — su cui c'è il sospetto che siano avvenuti interramenti. A dirlo è stato il cardinale Crescenzio Sepe: «La Curia farà uno screening perché m alcuni casi sono stati sequestrati nostri appczzamenti dove le forze dell'ordine hanno ritrovato rifiuti tossici. Intanto, verifiche sono in corso anche nel Nolano. C'è una bomba sotto la zona di Boscofangone. Ne sono convinti diversi abitanti del luogo che hanno visto interrare qui, a partire dal 1986, bidoni contenenti materiale tossico. E ne è convinto anche don Aniello Manganiello che sta combattendo nuove battaglie, con l'assodazione per la legalità Ultimi. Come responsabile del presidio dell'agro nolano, il sacerdote, sul furgone con cui va in giro per l'Italia e sul quale porta anche i ragazzi che giocano a caldo nell'associazione sportiva che ancora segue al Don Guanella, ci porta a vedere i disastri ambientali che anche qui, sua zona nativa, sono stati perpetrati a danno dei cittadini. Fatto sta che in quest'area del nolano, piena di capannoni dismessi, proprio a ridosso dei centri commerciali, qualcuno ha visto. Ed ora si fa portavoce di chi preferisce rimanere anonimo ma non ha dubbi sul luogo e su ciò che è accaduto. La zona in questione, è vicina ad un piccolo sno do ferroviario che collega Noia con Cancello. «Negli anni '80 qui era tutta campagna - racconta il testimone - per un lungo periodo abbiamo visto, senza rendercene conto, che venivano depositati grossi bidoni contenenti buste trasparenti con il teschio, simbolo del pericolo di morte. Dentro c'erano liquami di vario colore. Erano lì a cielo aperto. Pensi che i bidoni vuoti li utilizzavamo come recipienti in campagna. Ma allora mancava la cultura, non capivamo cosa stava accadendo». A pensarci oggi, non sembra vero. Poi qualcosa in quegli anni cambiò, si comincio a parlare di reati ambientali, qualche denunda qua e là, nel vocabolario entrò una parola nuova: ecomafia. «Un giorno tornammo in zona - prosegue - e vedemmo che stavano cominciando a scavare: un alveo artificiale di arca un chilometro e di un paio di metri di profondità che si andava a ricongiungere con un alveo naturale già presente. Alle nostre domande risposero dicendo che stavano scavando per creare un canale artificiale che portava acqua. Poi ci interrarono i bidoni, dopo qualche tempo non c'era più niente, tutto era stato sotterrato». Sopra cominciarono a nascere i capannoni delle fabbriche. «Uno scempio su un altro - commenta don Aniello - tutto l'insediamento industriale che si è sviluppato in quest'area e che doveva crea re sviluppo e ricchezza, in realtà l'ha solo impoverita, qui doveva nascere un polo agro-alimentare, altro che industria». Ð sito di Boscofangone è tra quelli individuati dall'assodazione «Ultimi» per richiederne il monitoraggio, che - ci tiene a precisare Manganiello - deve essere fatto dalTeserdto insieme alle falde acquifere e ai pozzi, poi si vedrà per le bonifiche». Ma non è l'unico. lusaliamo nel pulmino e incontriamo un'altra storia. Discarica Ardorino, località De Siervo a Piazzolla di Noia. Qui non c'è stato silenzio ma una mobilitazione imponente che ha visto coinvolte le istituzioni a vari livelli e le forze dell'Ordine. Ce lo spiegano i componenti della famiglia Panico che furono all'epoca i promotori della mobilitazione. «Non ce la facciamo a sentire parlare di omertà - racconta il padre perché noi non abbiamo taciuto, anzi abbiamo denunciato, ma non c'è stato niente da fare. I miei figli erano piccoli, l'aria era irrespirabile, abbiamo condotto battaglie rischiando in prima persona». La storia comincia nel 1984, la discarica di 41.000 metri quadrati in origine era una cava per l'estrazione del lapillo. Per effetto di un decreto ministeriale ai comuni del nolano venne imposto di conferirvi i rifiuti, fino al 30 settembre 1987,per un quantitativo massimo di 40.000 me. Nel 1987 gli abitanti della zona, in sospettiti dal cattivo odore insopportabile, si accorsero che sversamento avveniva senza rispetto di norme igieniche infestando l'area, il sottosuolo e l'agricoltura e violando le disposizioni vigenti. Cominciò così una protesta che culminò in on esposto sottoscritto dai cittadini e indirizzato a tutti gli organi competenti dove si chiedeva la verifica della discarica e il controllo di quanto scaricato. «Dopo varie denunce e proteste - racconta il figlio Antonio - si arrivò alla cessazione dello scarico di rifiuti urbani ma cominciò uno strano traffico di mezzi pesanti provenienti da Treviso, Como, Latina, Pisa, Caserta. Presentammo foto e targhe che testimoniavano l'evento. Di che natura fossero quei rifiuti e perché arrivassero da così lontano non l'abbiamo mai saputo». Il 3i luglio 1994 la discarica riaprì ai rifiuti urbani, i dttadini occuparono l'area. Dopo tré giorni e tré notti, con il rischio di uno scontro tra cittadini e forze dell'ordine, lavice prefettura dispose la chiusura della discarica, al 30 settembre 1994, non si sa se per rispetto dei cittadini o perché ormai satura.