Caldoro agli agricoltori: «Difendiamo la Campania»
Tra gli stucchi e gli specchi di Palazzo Serra di Cassano, sulla collina di Pizzofalcone, i miasmi acri e penetranti dei copertoni bruciati non arrivano. Ce li portano, però, gli agricoltori delle aree a Nord di Napoli, con tutto il relativo carico di confusione e disperazione. Un peso sotto il quale rischiano di soccombere. C'è la loro firma sul fuori programma che movimenta la seconda mattinata di incontri su «Bioetica ambientale come difesa della civiltà - il disastro ambientale della Campania Felix, questione nazionale» e trasforma un convegno scientifico ricco di spunti politici in una vivace occasione di confronto.
Vengono da Acerra, Afragola, Caivano, Cardito, Giugliano e sono qui per lavare quel marchio d'infamia che s'allunga come un'ombra nera sul futuro di un intero comparto. «Vogliamo dire basta ad una campagna denigratoria che ci emargina, disorientando inoltre i consumatori e la grande distribuzione», spiega Francesco Fiore, direttore di Confagricoltura Napoli, che aggiunge: «Se anche il procuratore antimafia Roberti, che abbiamo denunciato, dice che le colpe sono degli agricoltori, siamo messi male». I ministri Orlando e De Girolamo, attesi in mattinata come il sindaco de Magistris, non arrivano. Ma il dibattito promosso dall'Isde-Medici per l'Ambiente, dalla Cooperativa sociale Humanitas e dall'Assise di Palazzo Marigliano, prende quota ugualmente. E quando i toni si alzano, Caldoro governa la situazione con freddezza, rispondendo a tutti: «Abbiamo idee diverse, ma bloccare la produzione se c'è un pozzo inquinato è un dovere di chi è chiamato a tutelare la salute dei cittadini. E quelle precauzioni sono a garanzia degli stessi coltivatori». Non la pensano esattamente così gli imprenditori dell'area Nord, che giurano di scendere in piazza sui trattori e intanto mostrano le analisi che certificano la sicu- rezza dei loro prodotti: «Guardate, le ho commissionate al Polo di Scienze e Tecnologie della Federico II, mi sono costate Smila euro: i livelli sono tutti nella norma», recrimina carte alla mano Giuseppe Crispino, che a Caivano ha un'azienda di molti ettari ed esporta in Germania un terzo della sua produzione di ortaggi: cavolfiori, broccoli, cicoria, rucóla. «Tutto sequestrato. Mi hanno bloccato perché il livello di arsenico nell'acqua era di 10,8 microgrammi per litro contro un limite di 10. Non sappiamo che fare, anche i miei dipendenti sono avviliti». Ilgovematore Caldoro ribadisce: «I prodotti agricoli campani sono i più controllati d'Europa. E li dobbiamo difendere tutti insieme. Saremmo dei matti - ha aggiunto - a generalizzare perché rovineremmo tutta la nostra produzione che costituisce un'eccellenza, che da migliaia di posti di lavoro». Poi il riferimento al rappoprto dell'Us Navy pubblicato dall'Espresso: «Mi dispiace che la grande stampa non abbia visto anche le conclusioni di quel rapporto dello US Navy, nelle quali gli americani riconfermano gli investimenti a Gricigliano d'Aversa e per la base Nato a Giugliano» con la constatazione che «in alcuni casi, la vivibilità in Campania è migliore che in alcuni luoghi in America». Già, perché la disputa più accesa riguarda proprio l'acqua. «Molti pozzi sono stati chiusi per eccesso di fluoruri e manganese. Ma quelle sostanze si trovano in ogni acqua minerale, in quantità anche maggiori. A questo punto, ci spieghino: perché quella si può bere mentre la nostra non può essere usata per irrigare?», domanda Gianluca levine, vicepresidente dell'Ordine degli agronomi. E Fiore aggiunge: «Irrigheremo i campi con botti di acqua minerale. Il generale Costa della Forestale ci denuncerà?».
Il professor Benedetto De Vivo, ordinario di Geochimica Ambientale alla Federico, conferma e ammonisce: «Solo ü metodo scientifico può salvarci dalle speculazioni. E la scienza dev'essere indipendente dalla politica», facendo intendere che non sempre è stato così. A indicare la direzione è l'oncologo Antonio Martella, che da anni studia il disastro : «A ferire la Campania non è stato ne l'allarmismo ne il negazionismo, ma l'immobilismo. Ora bisogna uscirne tutti insieme, al più presto. Come? Delimitando le aree contaminate e realizzando, come a Brescia, parchi pubblico sopra le discariche». Il geólogo Gianbattista De Medici, intanto, assicura: «I nostri acquedotti sono immacolati, quella che beviamo non ha alcun problema. Le verifiche vanno fatte sui pozzi dai quali si attinge per irrigare». E se Alfredo Mazza, medico del Cnr, che per primo ha denunciato il disastro ambientale nella Terra dei Fuochi, chiede le dimissioni dell'assessore regionale all'Ambiente, Romano («È inesistente - argomenta -) e si augura «il fallimento di numerose aziende agricole per costringere lo Stato a riprendere in mano la propria sovrani tà», don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, interpreta il sentire popolare «Undici mesi dopo la visita del ministre Balduzzi, che davanti allo scempio pian se, è rimasto tutto esattamente com'era Come se il tempo si fosse fermato. Ades so la gente mi chiede se bisogna restare ( andare via. Io sono solo un prete, non s< che dire».
Don Patriciello reclama chiarezza: «Io vengo dal morto e voi mi dite che è vivo? Qui c'è un dramma in atto, e la gente noi sa se deve credere al Corpo Forestale, chi continua a sequestrare i terreni, o agi agronomi che dicono che il rischio, si c'è, è molto limitato. Non si possono la sciare migliaia di persone nel dubbio: politici devono assumersi la responsabili tà di una risposta». E se gli chiedi perchi tocchi a un sacerdote smuovere le co scienze, ti risponde così: «Mio padre dice va che dove non ci sono i cavalli trottano gli asini. Ecco, io sono un asinelio».