Il commissario De Biase: stop alle coltivazioni nel podere dei Vassallo

Nel terreno sequestrato al pentito si continua a coltivare tra i veleni

Zucche, verdure e frutta al veleno nel campo sequestrato al pentito
22 novembre 2013 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Il cancello è aperto, dopo un centinaio di metri, dove la strada asfaltata finisce nei campi, un cartello avverte «Area sottoposta a sequestro». È questa una delle tré zone coltivate per le quali il commissario Mario De Biase ha chiesto alla terna prefettizia di inibire le coltivazioni. Le altre aree sono risultate immuni dai veleni. E in questi giorni, proprio per evitare il diffondersi di un panico infondato, la procura del tribunale Napoli nord ha inviato i Nas a fare nuovi sopralluoghi: i campioni saranno analizzati da laboratori diversi e i risultati saranno incrociati.
A San Giuseppiello, invece, i campi avrebbero dovuto essere spogli già da molto tempo. Fanno parte dei beni della famiglia Vassallo bloccati quando Gaetano passò dalla parte dello Stato e raccontò venti anni di sversamenti abusivi. E invece. E invece ti capita di calpestare i limoni, di vedere le zucchine spuntare, gli alberi da frutta disposti in filari ordinati, un mucchio di zucche sradicate da un lato, i fichi d'india lungo i viali, i pozzi ai bordi delle coltivazioni.
Al centro del podere un grande capannone. Sul tetto appare assurdamente una Mercedes bianca: è uno dei beni sequestrati. Dentro due cani alla catena, un motoscafo, carrelli, trattori e strumenti di lavoro vario: tutti beni affidati a un custode giudiziario: Nicola Vassallo, il fratello di Gaetano. Nel 2010, però, l'uomo è stato arrestato per violazione dei sigilli e degli obblighi derivanti dalla carica di custode proprio perché i terreni risultava no ancora coltivati.
Ma non è servito. Quando l'Istituto superiore della sanità ha prelevato i prodotti di tutta la zona a San Giuseppiello sono stati presi frutti, friarielli, zucche; segno evidente che la coltivazione continuava. Gaetano Vassallo, in un sopralluogo nella proprietà ai magistrati aveva raccontato: «Nel sottosuolo sono stati sversati e occultati rifiuti tossici e nocivi» e poi aveva spiegato di aver coperto i campi di fanghi di origine industriale. I fratelli hanno sempre negato di aver saputo che non si trattava di concime, ma di sostanze tossi che.Anche adesso chelo sanno, però, continuano a far crescere frutti avvelenati.
I risultati degli accertamenti dell'Istituto superiore di sanità, che pure hanno escluso la contaminazione per quasi tutte le altre aree (sono risultate pericolose solo altre due zone) sono stati chiari: i terreni di San Giuseppiello hanno assorbito i metalli pesanti. Di qui la dedsio ne di Di Biase che ha chiesto ai prefetti di fermare le coltivazioni. Il provvedimento dovrebbe arrivare nei prossimi giorni: sono in corso i riscontri catastali, poi gli uomini alla guida dell'amministrazione decideranno se inibire la coltivazione, la coltivazione ad uso alimentare o la sola commercializzazione del prodotto. Impedire che questa frutta e verdura sia messa in vendita è vitale per tutti gli altri agricoltori: serve a dissipare i dubbi di chi compra.
La strada che porta a San Giuseppiello sfiora la Resit, la discarica che saràmessa in sicurezza, costeggia Masseria del Pozzo, arriva fino alla Gesen e agli Schiavi per finire a Novambiente di Gaetano Vassallo: discariche che negli anni sono state ricettacolo dei veleni di mezz'Italia. I campi intomo sono pieni di pozzi: 96 sono già stati analizzati e 95 sono risultati inquinati. Il sindaco dell'epoca, Giovanni Pianese, ha provveduto in ritardo a emana le l'ordinanza che ne inibiva l'uso e la commissione prefettizia nella relazione con la quale ha sciolto l'amministrazione ha scritto: «Solamente a decorrere da novembre 2011 il primo cittadino ha disposto la chiusura dei pozzi acquiferi insistenti presso le aree delle discariche, con ordinanze adottate sulla base di una tempistìca del tutto inadeguata e rimasta in buona parte dei casi ineseguita. L'organo ispettivo hainfatti accertato che i sopralluoghi per verificare l'ottemperanza alle ordinanze sono avvenuti solo dopo richiesta della procura, circostanza che conferma, ulteriormente, una sostanziale acquiescenza dei vertici politici e dell'apparato burocratico di ambienti controindicati (ai fini antimafia, ndr)». Poi l'ordinanza è stata fatta, ma non è chiaro chi ne verifichi l'applicazione. Adesso il commissario De Biase ha disposto che siano nuovamente testati insieme ad altri 115 pozzi. I controlli quindi si moltiplicano: il giuglianese in queste settimane è setacciato dalle forze dell'ordine e dagli ispettori. Eppure la strada delle discariche è a sua volta una discarica: frigoriferi, mobili, bottiglie di vetro, buste di plastica si moltiplicano. Li abbandonano le piccole industrie che lavorano in nero, ma anche i cittadini incivili. Se non si persuaderanno a fermare lo scempio sarà difficile evitare nuovi danni alla già precaria economia campana.

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