Sant'Arcangelo Trimonte

Sant’Arcangelo, la collina del tesoro «Con l’immondizia saremo ricchi»

Sversano i camion, al Comune 5,20 euro a tonnellata
26 giugno 2008 - Enzo Ciaccio
Fonte: Il Mattino

Sant'Arcangelo Trimonte. Alle 15.40 arrivano sbuffando i primi due camion con rimorchio carichi di rifiuti sanniti. Sono solo due, maleodoranti e ricoperti da pesanti teloni verdi. Sono solo due. Ma bastano per sancire che «collaudo è». Qui sulla collina di contrada Pianelle, una sorta di altopiano coltivato a grano e a tabacco, il giallo e il verde colorano fino all’orizzonte. E si rincorrono a perdifiato. Oggi fanno gradi centigradi 43. E non tira alito di vento. Bolle e ribolle, il fiumicello Pazzano, subaffluente del Calore, che borbotta giù nella vallata dove giacciono già due discariche ormai sature e chiuse a chiave. «E mai bonificate, nonostante le promesse», sussurrano i soliti che non sono mai d'accordo. Bolle e ribolle, il paesino di seicento anime, che sta sdraiato proprio qua di fronte e sembra uno scherzo di case buono solo per raccontarsi in una favola. Sta per aprire il Grande Buco. Oggi. Finalmente. Ospiterà 720mila tonnellate di rifiuti, sarà grande 900mila metri cubi, è costato finora 35 milioni di euro e si estende su un'area di 18 ettari dove finora si è coltivato tanto ben di Dio e si sono allevate mucche dal latte sopraffino e maiali della pregiata specie. Proteste, cortei, documenti, comizi. La «resistenza» è durata alcuni anni. Adesso basta, però. Signori, si sversa. E che fa se i camion carichi di rifiuti, che saranno una trentina al giorno, dovranno impazzire lungo le curve carogna della statale 90 bis, unica arteria che collega il mar Tirreno con l'Adriatico, per giunta già sovraffollata d'estate e ridotta a baraonda da centinaia di automezzi che in fila indiana trasportano merci di ogni genere da un lato all'altro d'Italia. Dice il vicesindaco di Sant'Arcangelo, Romeo Pisani: «Da oggi chiude l'impianto cdr di Casalduni. Ciascuno dei 77 comuni del Beneventano dovrà stipulare una convenzione con il nostro Comune: sarà questa l'autorizzazione a sversare. La tariffa? È fissata a quota 87.77 euro per tonnellata. Più Iva, più gli oneri di legge, più la tassa da versare a Provincia e Regione. Ah, dimenticavo: ci sarà da pagare anche una quota di solidarietà al Comune di Napoli». 16 aprile 2007: si tiene la prima assemblea dei sindaci della zona. Alla presenza del presidente nazionale dei geologi De Paoli si monitorizzano 18 siti del Beneventano ritenuti adatti ad accogliere rifiuti. La lista viene quindi ridotta a 6 siti. Sant'Arcangelo non c'è, non c'è nel primo e neppure nel secondo elenco. 11 maggio 2007: Sant'Arcangelo si ritrova inclusa nel decreto ministeriale. Il sindaco del paesino, Aldo Giangregorio, accusa l'allora presidente della Provincia, Carmine Nardone, di essere lui l'artefice della scelta traditora. La polemica è violenta. Partono addirittura esposti in procura. Per abuso di potere. Si indicono giornate di lutto. Si porta in giro un somarello con la fascia di sindaco per colorare a tinte forti la protesta. Ora si sversa. E peggio per chi ha urlato. E ancora non condivide. «Alle casse del Comune - fa sapere il sindaco, Aldo Giangregorio, che fa il macellaio a Benevento e si è sempre opposto alla discarica - finiranno cinque euro e venti centesimi per ogni tonnellata di immondizia sversata. In sede ministeriale dovremo discutere poi del protocollo di intesa che sancirà a quanto dovrà ammontare il cosiddetto ristoro ambientale». Insomma, nel piccolissimo municipio stanno per arrivare montagne di euro. «Faremo di tutto - aggiunge il sindaco-macellaio - per curare al meglio l'interesse dei nostri concittadini. Non come hanno fatto a Savignano dove nella discarica che sta in casa loro non li fanno nemmeno accostare». Tanti i soldi in arrivo. Ma pesanti le responsabilità. Già, perchè per la prima volta nella storia della immondizia campana la gestione dell'enorme discarica è stata affidata al piccolo Comune. Così un sindaco che amministra appena seicento anime si ritrova tra le mani un business da far impallidire il più incallito dei Casalesi. Nel senso di clan. E di appetiti inconfessabili. «Siamo consapevoli di quel che ci aspetta - dicono quelli della giunta comunale - ci conoscono per persone pacifiche, però sappiate che qui mica siamo fessi. E poi, se ne convincano anche a Napoli e dintorni: non ci sentiamo affatto simili, come qualcuno di recente ha detto, alle famose pecore di Acerra, quelle immolate a migliaia dai veleni e dalla diossina».

 

Powered by PhPeace 2.7.16