Intervista a Federica Di Gennaro - La studentessa: ora più nulla da capire l`inceneritore è tecnologia vecchia
Chi ha perso già un figlio non ha più nulla da perdere
Federica Di Gennaro frequenta l'ultimo anno del liceo scientifico De Carlo di Giugliano e sabato era sul palco di piazza del Plebiscito a parlare a nome del comitato contro l'inceneritore che si progetta di costruire nella sua terra. «Non è la prima manifestazione alla quale partecipo» commenta «ma sicuramente è la più grande. E sono molto contenta dell' ampia partecipazione della mia scuola, dove da anni organizziamo incontri su temi ambientali».
Che impressione le fa fatto il corteo contro il biocidio? «Ottima, ovviamente. Perché c'era gente di ogni genere, a dimostrare quanto sia vasta la sensibilità verso i danni che sono stati fatti alla Campania. C'erano studenti, mamme, medici e anche delegazioni della Val di Susa e di altre zone di Italia».
Non teme che possa finire tutto in una vampata? «No. Perché questa manifestazione nasce da un lavoro che stiamo portando avanti da tempo. Noi studenti, per esempio, abbiamo imparato a raccogliere informazioni dalla Rete e ad organizzarci attraverso la Rete. E poi c'è molta esasperazione nella gente che ha esperienza diretta dei danni arrecati dai veleni sotterrati. I cittadini della Terra dei fuochi non hanno bisogno che gli si spieghi teoricamente che cosa sta succedendo, lo capiscono da soli quando vanno a trovare un vicino o un parente che si è ammalato di cancro».
E come reagisce? «Quando si perde un figlio, non si ha più paura di niente. Che altro ti può succedere?».
Che cosa si augura per il futuro di questa mobilitazione? «Che lo Stato capisca che deve cambiare linea. Il muro contro muro non paga e c'è il rischio, che dobbiamo assolutamente evitare, di far deragliare la protesta in modi violenti».
C'è questo pericolo? «Assolutamente no, ma l'esasperazione può avere effetti imprevedibili, soprattutto quando ci si ostina a proporre scelte sbagliate e anacronistiche».
Come, secondo voi, l'inceneritore? «Esattamente. In Europa è una tecnologia in dismissione. Perché dobbiamo avviarci su una strada costosa economicamente e socialmente, quando altrove la stanno abbandonando? È roba vecchia di ventìcinque anni e la vogliono rifilare a noi. E poi, la nostra regione sta già dando tanto su questo fronte. L'inceneritore di Acerra, da solo, brucia il dieci per cento in più di quanto bruciano tutti gli inceneritori della Toscana. I Paesi avanzati stanno percorrendo altre strade e noi ci ostiniamo a guardare indietro, mettendo a rischio la nostra salute. Per questo diciamo no».