Il movimento alla prova "Oltre gli slogan, proposte"

"Ma è l'ora di dialogare con le istituzioni"
17 novembre 2013 - Conchita Sannino
Fonte: Repubblica Napoli

«EORA?». Almeno 60mila. Spinti da un lutto, da rabbiao paure. Comitati della provincia abusata sfilano con la Napoli antagonista. Politici fuori, centri sociali dentro. Terra dei Fuochi conquista la piazza. Una legittimazione che deve far crescere: i comitati oltre gli slogan, le istituzioni oltre gli inutili tweet. È UN grande giorno, per chi chiedeva «le luci accese sulla tragedia di un territorio avvelenato». «Questa è l' Italia sana, il paese che doveva essere protetto e non si è sentito figlio di questo Stato, ora speriamo che cambi», commenta don Maurizio Patriciello. L' obiettivo della legittimazione è raggiunto, un sabato piovoso d' autunno segna nel cuore di Napoli lo zenith di Terra dei fuochi e di Fiume in piena,i consorzi dei comitati di cittadini che chiedono verità e risposte contro gli sversamenti clandestini, controi rifiuti abusivi che continuanoa bruciare anche oggi - nonostante i riflettori- ogni notte, nella striscia dell' hinterland a nord della metropoli. Sfilano per ore, spesso in silenzio, quando si interrompe la musica assordante di un furgone con amplificatore. La parola più urlata: tumore. Sia come i lutti che hanno da onorare, sia come anatema da lanciare contro i politici. Il termine più invocato: futuro. Hanno solo queste armi e il carico di indignazione che ribolle per ogni istituzione, senza differenza. Sono almeno sessantamila. «E ora? Ora dobbiamo sapere che si deve costruire qualcosa di concreto, e tocca anche a noi cominciare», ragiona Renato Natale, l' ex sindaco dell' unica stagione di riscatto di Casal di Principe negli anni Novanta, il medico che fu amico di don Peppino Diana ucciso dai casalesi. «Adesso dobbiamo dialogare con le istituzioni, la sfiducia in eterno non porta soluzioni. E noi stessi dobbiamo immaginare non soluzioni a nove zeri, non ci servono i miliardi delle bonifiche che chissà tra quanti anni si completeranno, le piogge di denaro per le bonifiche, ma una serie concreta di mappature e di controlli, quelli possono pure cominciare da domani, e quasi a costo zero». Vengono da Caivano, il paese di don Patriciello, leader indiscusso per migliaia di famiglie dell' area nord; e da Frattamaggiore, Crispano, Arzano, Afragola. Arrivano dalle periferie di Napoli, da Chiaiano, Miano e Pianura. Ma anche dall' area di tutto il casertano, da Casal di Principe, da Ferrandelle, da Aversa, da Gricignano, da Santa Maria Capua Vetere. È il popolo di chi ha sofferto in silenzio per anni, che ha contato «i troppi ammalati e morti in tutta la parentela», e adesso pensa che «in fondo lo sapevano tutti. Lo sapevano i magistrati che avevano sentito a verbale il pentito Schiavone, lo sapeva il presidente Napolitano che all' epoca era ministro dell' Interno, lo sapevano i politici, e quindi?». Quindi come si fa a contrastare questa idea dilagante del complotto? O dell' abbandono premeditato dello Stato? Eleonora Imperioso è una dei tantissimi giovani senza etichetta politica e senza militanza che regge uno striscione che grida "basta al biocidio". Ha 30 anni, fa la maestra a Caivano, vorrebbe sposarsi e avere figli, ma ha «davanti agli occhi tutti quelli che se ne sono andati», declinati per nome cognome e cartella clinica. «Mio cugino Ciaramaglia Vincenzo solo 7 anni morto per un tumore; mia zia di 54 anni, Imperioso Maria Consiglia, morta per un tumore al cervello; mio suocero di 47 anni,e poi mio zio». Come fate a collegarlo indiscutibilmente ai vostri campi dove hanno interrato immondizia? «Perché hanno notato una concentrazione di metalli pesanti dentro alcuni terreni coltivati, perché i pozzi che irrigano alcuni terreni appaiono contaminati, perché i cavolfiori che abbiamo visto noi sono gialli e deformi. E non venissero a parlarci di rischio di infiltrazioni nelle bonifiche - continua la mite Eleonora - Che ne so io della camorra? Che ne sapevano noi di quello che accadeva fuori caso? Se non lo bloccavano le forze dell' ordine dovevamo bloccarlo noi?». Intorno a lei, tante altre ragazze di 25, 26 e 28 anni: come Rossella, Antonella, Angela. Se gli chiedi cosa cambierà per loro da domani, ti rispondono con rabbia: «Ma lei lo sa che dopo tutto questo clamore la notte continuano a bruciare copertoni d' auto? Lo sa che Terra dei fuochi è tuttora in allarme nei nostri comuni?». Riprende Eleonora: «L' altra mattina sono scesa alle 7 di casa per prendere servizio a scuola e c' era nell' aria una puzza tremenda, pura diossina». Sfilano con aria rassegnata, anche se gridano. È anche il popolo del "no": che portano scritto sugli striscioni "No sversamenti" e "No veleni" com' è naturale, ma anche "No inceneritori", "No discariche", "No gassificatori", "No biogas", "No digestore", "No Tav". Vengono anche, in piccoli gruppi, da altre "frontiere" italiane: vengono a portare il loro sostegno un drappello dei lavoratori dell' Ilva di Taranto, alcuni giovani del movimento contro l' Alta Velocità di Val Susa. È un popolo fatto di tante anime. Anche distanti tra loro. Ma hanno in comune la rabbia, e la voglia di verità su quello che è stato fatto alle loro terre. Partono da piazza Garibaldi che è pieno giorno e scende qualche goccia. Arrivano zuppi di pioggia, con i drappi fradici, quand' è ormai buio pesto, in una piazza del Plebiscito non illuminata, in cui si sfogano rabbia e buoni propositi, richieste di bonifica e fischi per le istituzioni. Fuori bandiere e simboli di partito. Ai margini, o lontanissimo, viene lasciata la rappresentanza politica: con amministratori e consiglieri quasi banditi dal corteo, e i pochi sindaci che intendono partecipare - compreso de Magistris - costretti ad entrare in marcia praticamente di soppiatto, anche al buio, verso la coda, meglio se in un segmento dove non ci sono le teste calde degli antagonisti. Sulla soglia resta anche il sindacato organizzato, con Maurizio Landini della Fiom che guarda da un marciapiedi scorrere il popolo in marcia, saluta e sorride. Dentro, invece, chiesa militante e centri sociali, e naturalmente attori, cantanti: gli attivisti storici di Insurgencia, i volti storici e indiscussi di Legambiente, le spalle larghe di padre Alex Zanotelli e di don Tonino Palmese di Libera, e le facce familiari e amate di chi porta la propria popolarità al servizio della causa, come Patrizio Rispo, Francesco Paolantoni, come un amarissimo e Nino D' Angelo («Io ho sempre votato, sempre stato di sinistra. Ma dov' è la sinistra in questo paese?»). Intanto, sull' onda di una forte e trasversale partecipazione, il parroco di Caivano può anche permettersi per l' ennesima volta di "salvare" il criminale dei casalesi Carmine Schiavone («Almenoi camorristi si pentono, gli industriali e i politici no. Voi avete visto qui il presidente di Confindustria? Perché non c' è?») e bocciare un magistrato come Raffaele Cantone, perché aveva definito quel pentito dei casalesi un raccontatore «di bugie». La notte scende sugli striscioni arrotolati, su migliaia di famiglie che tornano con moderata fiducia versoi loro comuni abbandonati, e con trasporti sempre più precari. Torna a riflettere Renato Natale: «Ho una figlia medico che vive a Milano, in ansia per i rischi che corronoi genitori rimasti qui. Ma io gliel' ho detto: non mi trasferirò mai. Se sappiamo lottare, le cose cambieranno. Dobbiamo cominciare anche ad avere fiducia. Dobbiamo andare oltre gli slogan e i protagonismi».

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