«Quattro impianti a freddo no al termovalorizzatore»
Un piano da cento milioni per 4 impianti a freddo per il trattamento dei rifiuti, perché entro tré anni Napoli possa essere autonoma dalla raccolta allo smaltimento. Il piano c'è già, e un paio di impianti sono stati avviati o stanno per esserlo, e sui cento milioni ci sono «buone speranze, qualsiasi banca finanzierebbe questo piano, perché sui rifiuti l'investimento è sicuro, altro che termovalorizzatore», chiosa il vicesindaco e assessore all'Ambiente Tommaso Sodano. Non c'èun minimo passo indietro, aNapoli il termovalorizzatore non si farà. Costano troppo, tanto che la gara indetta per costruirlo nell'area orientale della città è andata deserta; inquinano, e fra poco più di un lustro la stessa Ue li metterà praticamente al bando. Soprattutto ci sono alternative all'incenerimento dei rifiuti. I no del Comune all'ipotesi di un termovalorizzatore m città - e un piano per lo smaltimento dei rifiuti che non lo prevede - si rac chiudono in questa analisi che il vicesindaco ha portato al ministro Andrea Orlando e anche in sede europea. «Il 6 dicembre del 2012 abbiamo firmato un protocollo in Prefettura con il Governo che superala questione inceneritore - attacca Sodano - Del resto la Regione ci ha provato in tutti i modi a farlo. Tutte le gare sono andate deserte e anche la procedura negoziale è fallita. Perché non restituiscono invece l'area dove si doveva fare? Cosa aspettano? Ci vogliono mettere in difficoltà? In Italia ci sono termovalorizzatori come quelli di Milano e Padova che non funzionano perché non hanno rifiuti da bruciare e non vogliono quelli di Napoli. Perché farne un altro nella nostra città quando c'è la possibilità di fare cose diverse? La lobby degli inceneritori è forte ma ora senza gli incentivi dei "cip6" hanno dei problemi anche loro».
Gli impianti. Napoli costruirà quattro impianti tutti tarati sulla differenziata e il recupero di ogni tipo di materiale in modo da ridurre sempre di più l'utilizzo delle discariche. Di che impianti si tratta? Tré strutture per il trattamento dell'umido e uno per il cosiddetto secco. Già individuati i siti. Uno a Scampia da 30mila tonnellate il cui bando scade il 7 gennaio, un altro nella zona occidentale, due nell'ecodistretto di Napoli est dove già insiste il depuratore. Ovvero un digestore anaerobico e un impianto per il secco. «Il termovalorizzatore costa 400 milioni - spiega ancora il vicesindaco - noi con cento milioni ci costruiremo i nostri impianti a freddo. Uno completamente con il project financing, quello di Scampìa, il cui bando scade il 7 gennaio, dal valore di 15 milioni. Tratterà 30mila tonnellate l'anno». Si scommette sulla differenziata per raggiungere l'obiettivo «rifiuti zero» entro il 2020. Nella relazione firmata da Sodano presentata al ministro si fa notare che i ritardi sulla differenziata ci sono ma vanno considerati anche i passi in avanti: «Nella valutazione dell'operato dell'amministrazione - si legge - si deve tenere conto delle difficoltà ereditate, di una normativa farraginosa che ancora oggi non trova una "normalizzazione" e soprattutto bisogna dare atto della svolta. Nel luglio del 2011 la percentuale di raccolta differenziata a Napoli era ferma al 14% adicembre del 2012 ab biamo raggiunto il 26%».
I costi. Al momento il Comune, parte del problema dello smaltimento, in assenza di impianti, lo risolve mandando i rifiuti via mare in Olanda. C'è chi sostiene che i costi per questo motivo lievitano. Sodano non è dello stesso avviso: «Mandare i rifiuti in Olanda ci costa 120 euro a tonellata, se andassimo ad Acerra, all'inceneritore ci costerebbe 170 euro a tonnellata. Chi dice che la Tares aumenta per i viaggi dice una fesseria e disinforma». Ancora Sodano fornisce ragguagli sulla materia: «Ragioniamo con le cifre. A Napoli si producono ogni anno 550 mila tonnellate di spazzatura. Con il cinquanta per cento di differenziata si arriva a 275 mila tonnellate. Da questi con il passaggio negli stir si riduce un altro 25 per cento. Ne restano quindi 150 mila. A che serve un inceneritore da 450 mila tonnellate? Solca far guadagnare la società che si aggiudicheràlagara. Noi puntiamo a realizzare subito tré impianti di digestione e compostaggio in maniera da lavorare l'umido raccolto con il porta a porta, recuperare energia dal biogas e quindi rendendo fruttuoso l'investimento e utilizzando i fondi Ue. La frazione secca, invece, può essere trattata con impianti di separazione meccanica manuale, quelli che faremo nell'area orientale». L'obiettivo è allargare a 600mila napoletani il Pap grazie e di coprire l'altra fetta di città con i cassonetti maroni, laraccoltanonporta a porta dell'umido, dei resti alimentari. Esperimento già avviato.
Gli Ato. Il piano è di ampio respiro, si valuta Napoli quale città metropolitana e si ragiona sugli Ato (Ambi ti territoriali ottimali). C'è una robusta critica alla legge regionale per quello che riguarda gli stir che devono cambiare funzione. Non devono essere più come è sancito anche dalla legge impianti «di selezione e trattamento, ma convertiti in impianti per il compostaggio di qualità». Quello che più costa da smaltire. «Seguendo questo obiettivo si lavora alla realizzazione di un ecocentro costituito da un impianto di digestione anaerobica da 50mila tonnellate l'anno; impianto di recupero scorie industriali da ISOmila tonnellate, trattamento degli ingombranti 55mila tonnellate e impianto trattamento del vetro 120mila tonnellate. Tali interventi sarebbero a servizio di tutti i comuni dell'Ato»