In vent`anni sversate 10 milioni di tonnellate
Offrire un «contributo di verità e giustizia» ai «tanti cittadini campani onesti, che vogliono riscattare il proprio territorio», affermando i «principi di legalità e trasparenza». Per queste ragioni, Legambiente ha realizzato il dossier "Le rotte della terra dei fuochi", presentato ieri alla vigilia della grande mobilitazione popolare di Napoli. In oltre vent'anni, a partire dal 1991, sono state 82 le inchieste per traffico di rifiuti che, da tutta Italia (ma anche dall'estero), sono stati trasferiti e smaltiti illegalmente tra le province di Napoli e Casería dalla criminalità organizzata. Queste inchieste si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.809 denunce e con il coinvolgimento di 443 aziende, per la maggior parte con sede legale nel Centro-Nord. Con i nomi che gli inquirenti hanno attribuito alle inchieste, Legambiente ha compilato il primo Dizionario dell'ecocidio nella Terra dei fuochi.
Dal 1991, dunque, in questo pezzo di territorio campano, sono state conferite circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni genere. Per trasportarli servirebbero 410.905 camion, ciascuno in grado di contenere 25 tonnellate, che, messi tutti in fila, costituirebbero una colonna continua di oltre 5.500 chilometri.
«In questo ventennio - si legge nel dossier di Legambiente - lungole rotte dei traffici illeciti, è viaggiato di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell'alluminio, polveri di abbattimento fumi, morchia di verni ciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti, noti nel panorama nazionale, come quelli di petrolchimici storici del nostro Paese: i veleni dell'Acna di Cengio, i residui dell'ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce. Un mix di veleni micidiali».
Un «immane disastro», scrivono gli ambientalisti, provocato da un «sistema criminale», che «ha fagocitato ogni cosa e creato le premesse per l'accumulazione di un potere economico, che ha inquinato ogni aspetto del vivere civile di quei territori».
All'inizio le famiglie criminali, tra cui il clan Bidognetti-Perrella, sono entrate nel ciclo dei rifiuti gestendo discariche autorizzate, ben presto trasformate in «buchi neri aperti a tutto». A far arrivare il materiale da smaltire, ci hanno pensato società commerciali anch esse gestite dalla criminalità.
«Dalla fine degli anni Ottanta - prosegue Legambiente - cominciano a riempirsi di veleni di ogni tipo le cave, i campi agricoli, i cantieri (come l'Asse mediano e relativi svincoli, o la superstrada, compresa la terza corsia, che va da Pozzuoli a Noia, il litorale Domitio Hegreo), i Regi Lagni, i corsi d'acqua, le aree abbandonate, i tombini per acque piovane: insomma, di tutto». Non c'è luogo del territorio risparmiato dall'ingordigia dei clan.
Una mappatura delle sostanze sversate illegalmente è stata realizzata dal geólogo Giovanni Balestri, consulente delTa Direzione distrettuale antimafia di Napoli: melme oleose, fanghi dell'Acna, rifiuti civili, rifiuti solidi, rifiuti liquidi speciali, rifiuti ospedalieri, oli esausti, batterie, acidi, fanghi umidi, ceneri da centrali Enel, percolati e fanghi liquidi, prodotti caseari, fanghi da concerie, fanghi industriali, rifiuti trattati, inerti da demolizioni, balle di stracci, rifiuti speciali urbani, idrocarburi pesanti, scorie di alluminio, timbri, acque reflue industriali, acque reflue civili e molto altro ancora. Tutti veleni che hanno trasformato la Campania Felix nella Terra dei fuochi.