Pioppi e salici per risanare i terreni malati

15 novembre 2013 - Valeria Chianese
Fonte: Avvenire

Piante per sanare i terreni avvelenati e ridare purezza alle acque. Sono i metodi studiati e sperimentati dal Consiglio nazionale delle ricerche. «L'obiettivo della ricerca è trovare soluzioni sostenibili con metodi naturali», spiega Angelo Massacci, direttore del Cnr-Ibafdi Napoli. Quindi si studia «come la Natura si difende e come innovare i metodi di bonifica». La soluzione prospettata dai ricercatori del Cnr-Ibaf rientra tra i fitorimedi o biorimedi per il recupero delle aree inquinate: una tecnologia efficace, economica e soprattutto a basso impatto ambientale. Si tratta di sperimentazioni di vario genere e di complessa struttura e che si possono comprendere immaginando alberi che formano un reticolo di radici, agganciate le une alle altre, come una sorta di rete vitale che da buon nutrimento e trattiene per poi eliminare le scorie.
Angelo Massacci lo spiega, cercando di rendere lieve il linguaggio scientifico e confidando nei ricordi scolastici sulla fotosintesi clorofilliana, sulle radici che rilasciano carbonio nel terreno, cosi nutrendolo, sulla presenza essenziale dell'ossigeno. Pioppi, eucalipti, salici e particolari funghi, solo per citare alcune specie vegetali utilizzabili per la decontaminazione dei terreni inquinati da pcb e da diossine e da idrocarburi e anche da me talli pesanti.
«Alberi a rapido accrescimento che eliminano gli elementi inquinanti dal suolo attraverso il loro trasporto nelle parti aeree della pianta idonee ad essere raccolte e rimosse», specifica Massacci. La ricerca per la fitoestrazione ha identificato pioppo e salice quali specie arboree che consentono allo stesso tempo una rimozione degli inquinanti protratta nel tempo ed una notevole produzione di biomassa che può essere impiegata per bioenergia. Senza contare l'ossigeno restituito all'aria. Una talea di pioppo alta all'incirca 60 centimetri, del costo di 10 centesimi di euro, dopo un anno ha già raggiunto i 2 metri: per un ettaro di terreno contaminato occorrono lOmila pioppi, una spesa di mille euro, che renderanno il suolo denso di radici, e perciò ricco di carbonio e di ossigeno che permetteranno la nascita e il proliferare di altri microrganismi che assorbono gli inquinanti, li metabolizzano, li rendono innocui. Per decontaminare un ettaro di terreno possono bastare due, tré anni. Più complesso il caso di terreni inquinati da metalli pesanti che non si modificano con sostanze organiche. La ricerca procede allora verso la fitostabilizzazione, cercando cioè di «accentuare ilfe- nomeno dell'immobilizzazione dei contaminanti attraverso le piante». I metalli cioè restano intrappolati e non si diffondono. È un fenomeno lento, 15, 20 anni, e l'area dovrà essere isolata e non praticabile. Sarà comunque sempre più bella di un terreno incolto, abbandonato, sporco.
La sperimentazione avviata dal Cnr-Ibaf, nelle sue varie sedi, ha riguardato la tristemente nota Valle del Sacco, m provincia di Latina, Porto Marghera, Taranto. La ricerca si spinge ora verso altre importanti sfide: cercare piante alimentari che automaticamente escludono i metalli. «È un progetto di prospettiva - osserva Massacci - per avere ambiente e alimenti più sani e quindi una vita più salutare». -tit_org- Pioppi e salici per risanare i terreni malati

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