Stangata Tares, bollette fino a 60mila euro
Un tributo per la spazzatura da 60mila euro. Fermi tutti. Non è uno scherzo di carnevale anticipato e nemmeno il frutto di un errore di calcolo da parte di un funzionario distratto o di un computer impazzito. Tutto vero, invece. La cifra 59mila402euro, per essere pignoli è l'ammontare della cartella Tares 2013 ricevuta ieri dal titolare del ristorante Rosolino di Via Na2ario Sauro, sul lungomare cittadino. «Adesso chiudiamo tutto e ce ne andiamo. È questa la prima cosa che mi viene in mente», sbotta Astrid Rosolino, legale rappresentante dell'esercizio. «Siamo passati dai 22mila euro della Tarsu 2012, una cifra già enorme, ai 60mila della nuova tariffa. Ovvero 5 mila euro al mese di spazzatura. Imposte spaventose per un servizio di smaltimento che non funziona. Quando ci è arrivatala cartella, non credevamo ai nostri occhi. E in un periodo di crisi come questo, con il 50% m meno di presenze, come facciamo a pagare? Il Comune inserisce nel calcolo anche sale e spazi quasi mai utilizzati. Faremo ricorso». Ma le cartelle da record non riguardano solo Rosolino. Gli importi astronomici- e le differenze con il precedente balzello - hanno colpito tutti i ristoratori, così come gli altri commercianti, grandi e piccoli. Tra i casi più eclatanti relativi ai grandi eserdzi, il ristorante D'Angelo, passato dai 13mila euro di Tarsu ai 30mila di Tares. Raddoppiato l'importo anche per Umberto a via Alabardieri, da 8mila a ²áò³³à euro. Addirittura triplicata la cifra per «Napolimia» della Riviera di Ghiaia, da 3mila59 euro a 8mila819. Gli annunci di ricorso e le proteste contro l'amministrazione comunale vengono da un'intera categoria quella dei commercianti napoletani - su cui è calata come un macigno la Tares. Una stangata che vale per tutti, con differenze abissali ri spetto alle imposte precedenti. «Oltre Smila imprese cittadine rischiano la chiusura - spiega il presidente provinciale della Confcommercio Pietro Russo - dai bar ai ristoranti, dalle pasticcerie ai fioristi, dalle pescherie ai negozi di ortofrutta agli stabilimenti balneari e così via. Le nuove tariffe determinate dal Comune sono il doppio o addirittura il triplo di quelle di altre grandi città, come Milano, Firenze e Bologna. L'amministrazione ha il dovere di spiegare alla città le motivazioni di tali costi. Chiediamo l'apertura immediata di un tavolo di confronto con il Comune e, se non arriveranno risposte, non escludiamo altre forme di protesta». I titolari dei bar più importanti hanno ricevuto cartelle con importi da Smila euro, a fronte dei 2mila500 dello scorso anno. È andata ancora peggio ai titolari di negozi di ortofrutta, con aumenti del 300% rispetto alla Tarsu. In sintesi, gli incrementi più elevati riguardano proprio i piccoli esercizi. «Siamo stremati, la Tares è una tangente - attacca Massimo Di Porzio, presidente di Assoristoratori Confcommercio - Le aziende, con la crisi attuale, non hanno la possibilità di trovare risorse per pagare queste tasse. Questo significa che tanti esercizi, anche tra quelli più prestigiosi, dovranno chiudere oppure licenziare qualcuno per andare avanti. Chiederemo al Comune di dilazionare i pagamenti ma non è detto che basti. Le cartelle sono il frutto delle tariffe fissate da Palazzo San Giacomo, in base alle quali i ristoranti ed altri esercizi pagano molto più delle banche». Le tasse alle stelle in un contesto cittadino sempre più depresso equivalgono al collasso di tutte le attività, secondo i commercianti. «Oggi il Comune, non potendo rivalersi sui cittadini, stanga le imprese - spiega Salvatore Trinchillo, presidente della Pipe Confcommercio Napoli - e questo significa punire tutti. Se a questo balzello corrispondesse una città che funziona e con tanti servizi, potremmo anche pensare di recuperare. Ma in queste condizioni è impossibile». Stesso discorso per il titolare di un supermercato nell'area nord di Napoli, che aveva già avuto una cartella Tarsu di 50mila euro e adesso è in attesa della Tares. Con un brivido lungo la schiena.