Disastro alla Resit, condannato il padrino Inquinamento della falda, boss condannato
È la prima sentenza in materia, ed è la prima volta che l'ipotesi della Procura - avvelenamento delle acque con la firma dei Casalesi - viene accolta da un giudice. Venti anni al boss Francesco Bidognetti, per la gestione criminale della discarica Resit di Giugliano, in quella zona oggi chiamata Terra dei fuochi. Ma quella di Bidognetti non è l'unica condanna: sei anni di reclusione a carico dell'ex parlamentare Domenico Pinto (per anni presidente del Consorzio di bacino Napoli tré), condannato per falso e disastro doloso ma assolto dall'accusa di avvelenamento della falda acqui fera aggravato dal fine mafioso. Associazione camorristica finalizzata all'avvelenamento della falda acquifera e disastro ambientale: è l'accusa per Bidognetti. Prescritti invece i reati per Giuseppe Valente, già presidente del consorzio Impregeco.
Associazione camorristica finalizzata all'avvelenamento della falda acquifera e disastro ambientale. È l'accusa che costa una condanna a venti anni di reclusione per il boss dei Casalesi Francesco Bidognetti, ritenuto responsabile di sversamenti decennali, che hanno inzuppato di sostanze cancerogene un pezzo territorio napoletano. È la prima sentenza in materia, ed è la prima volta che l'ipotesi della Procura - avvelenamento delle acque con la firma dei casalesi - viene accolta da un giudice. Venti anni al boss Francesco Bidognetti, per la gestione criminale della discarica Resit, m provincia di Giugliano, siamo nel cuore di quella zona oggi chiamata «terra dei faochi. È stato il gup Claudia Picciotti ad accogliere e confermare la ricostruzione accusatoria sostenuta dal pm Alessandro Milita, in forza al pool anticamorra guidato dall'aggiunto Francesco Greco. Una svolta, al termine del rito abbreviato, ma quella di Bidognetti non è l'unica condanna: sei anni di reclusione a carico dell'ex parlamentare Domenico Pinto (per anni presidente del consorzio di bacino Napoli tré), per il quale il pm aveva chiesto una condanna a dodici anni di reclusione. Difeso dal penalista Gaetano Balice, Pinto viene assolto dall'accusa di avvelenamento della falda acquifera aggravato dal fine mafioso, ma viene condannato per falso e disastro doloso; prescritti invece i reati per Giuseppe Valente (difeso dagli avvocati Cola, Imparato e Raucci), già presidente del consorzio Impregeco. Una sentenza che mette un punto fermo, a proposito di un pezzo della terra dei fuochi. Stando alla ricostruzione dell'accusa, per decenni nella discarica Resit sono stati seppelliti rifiuti tossici e industriali (ad alto esponenziale cancerogeno) provenienti da tutta Italia. In quell'invaso alle porte di Napoli, dai primi anni Settanta è arrivato di tutto: fanghi dell'Acna di Cengio, resti di lavorazione dei frigoriferi, residui della lavorazione di conce e pellami. Quanto basta a deturpare, forse in modo irreversibile, il bene più prezioso: venti anni (su richiesta di trenta) per Francesco Bidognetti, il famigerato Cicciotto di mezzanotte, che questa volta non era processato per omicidi o attentati, droga o armi, ma per aver avvelenato la falda acquifera. Peraver compromesso il futuro delle generazioni che vivono nel cuore delle esalazioni perenne. Una sentenza pilota, la firma di un giudice sul disastro della terra dei fuochi. Diverso invece il ragionamento fatto per gli altri due imputad. È il caso dell'ex parlamentare Mimmo Pinto, dal 2003 a capo del Consorzio Napoli tre, su disposizione dell'allora commissariato per l'emergenza rfiuti. In questa vicenda, non c'entrano più i rifiuti provenienti dal nord, quelli gestiti dalla camorra, dal momento che nella Resit vengono sversati «rsu» raccolti da una trentina di comuni dell'area nolana e vesuviana. È qui che per volontà commissariale vengono stoccatì - prima m via provvisoria, poi definitivamente le balle di Cdr. Una nomina politica, quella di Pinto, secondo la ricostruzione dell'accusa, decisiva per favorire interessi di natura clientelare. Spiega l'avvocato Balice: «Rispettiamo ma non condividiamo la condanna, anche se la assoluzione dall'accusa dell'avvelenamento delle acque e la esclusione della gravissima accusa di aver agito per favorire un clan camorristico confermano la fiducia che Pinto hanellamagistratura. Ciò rafforza la convinzione che in sede di appello verràriconosciuta la totale estraneità dell'imputato, che intervenne nella gestione della discarica per disposizione commissariale e si attivò subito per impedire che la contaminazione e l'inquinamento degenerassero». C'è ora attesa per la sentenza di primo grado per gli altri imputati che hanno scelto il rito ordinario, a partire dalla posizione di Cipriano Chianese, storico titolare della discarica.